Nel 2016, attorno alla stella Trappist-1 che sta a 40 anni luce da noi, sono stati scoperti sette pianeti con dimensioni paragonabili a quelle della Terra. Il sistema di Trappist-1 è molto diverso dal nostro: lì i pianeti hanno più o meno la grandezza del nostro e non ci sono i giganti gassosi come Giove e Nettuno.
Ovviamente non è possibile, con le attuali tecnologie, osservare direttamente questi mondi alieni, ma grazie ai telescopi terrestri e spaziali si possono calcolare le loro caratteristiche misurando la durata e il calo di intensità della luce della stella madre quando i pianeti le passano davanti, oscurandone un po’ la superficie come in un mini eclisse.
In questo modo ricercatori di tre università svizzere sono riusciti a determinare la densità dei pianeti, che è il primo passo per indagare meglio la loro composizione.
Per prima cosa è emerso che tutti e sette hanno una densità simile, il che porta a concludere che siano tutti fatti della stessa “pasta”, vale a dire che sono costituiti da una miscela di elementi non troppo differente tra l’uno e l’altro. Significa che se si ipotizza che siano fatti degli elementi tipici dei pianeti rocciosi, quali ossigeno, ferro, silicio e magnesio, questi ultimi si trovano grossomodo nelle stesse percentuali in ognuno di essi.
Grazie a osservazioni condotte nel 2018 gli scienziati hanno quindi potuto stimare la densità della materia che compone questi mondi, scoprendo che è leggermente inferiore, di circa l’8% a quella terrestre, come scrivono sulla rivista Planetary Science Journal.
A cosa si deve questa densità? Se si ipotizza che sia la presenza di acqua a “diluire” la composizione planetaria allora, secondo calcoli accuratissimi, emerge che i quattro mondi più esterni devono averne una percentuale del 5% sulla massa totale. Sarebbero quindi coperti completamente da oceani, dato che sul nostro pianeta la percentuale di acqua liquida è inferiore allo 0,1%.
Ma gli scienziati non credono che questo sia uno scenario probabile. Più plausibile che la minore densità sia dovuta a un minor contenuto di ferro, rispettivamente del 21% comparato al 32% della Terra come hanno calcolato i ricercatori.
Oppure la massa dei pianeti potrebbe essere alleggerita da un’abbondanza di ossigeno, che si legherebbe al ferro formando l’ossido che conosciamo come ruggine. È quello che succede sulla superficie di Marte e che gli conferisce il caratteristico colore rosso. In questo caso però la ruggine, a differenza di Marte che ha un nucleo di ferro solido, potrebbe essere anche nel centro del pianeta.
La cosa più probabile, secondo gli autori, è che ci sia una combinazione dei due scenari, con meno ferro che sulla Terra e molto di questo ossidato come su Marte.