Alcuni biomarcatori nel sangue possono essere correlati al rischio di malattie psichiatriche, secondo uno studio effettuato con tecniche di epidemiologia genetica.
Gli scienziati hanno trovato prove di biomarcatori nel sangue legati a gravi malattie psichiatriche, secondo un nuovo studio di associazione genome-wide (GWAS) basato su precedenti indagini genetiche e dati comportamentali di oltre 300.000 persone.
William Reay dell’università di Newcastle e colleghi hanno osservato correlazioni significative tra il 61% dei tratti biochimici testati e almeno un tratto psichiatrico. In particolare, i ricercatori hanno trovato forti prove che la proteina C-reattiva (CRP), un biomarcatore dell’infiammazione cronica, può essere collegata ad un aumentato rischio di disturbo depressivo maggiore, ma ha ridotto il rischio di anoressia nervosa, disturbo ossessivo compulsivo e schizofrenia.
I risultati di questo studio e di altri esami sembrano contraddire le precedenti prove osservazionali secondo cui la CRP è elevata nelle persone con schizofrenia. Mentre gli scienziati sono stati a lungo interessati a esplorare la relazione tra biomarcatori basati sul sangue e disturbi psichiatrici, è stato difficile determinare l’effetto dei tratti biochimici negli studi osservazionali.
Precedenti studi GWAS, che cercano associazioni tra varianti genetiche e tratti attraverso i genomi di molte persone, hanno già identificato con successo regioni del genoma associate a disturbi psichiatrici.
Per esplorare la relazione tra biomarcatori basati sul sangue e tratti psichiatrici, gli scienziati hanno testato la correlazione genetica tra un pannello di precedenti dati GWAS della UK Biobank e 10 precedenti studi psichiatrici GWAS.
I risultati hanno dimostrato una chiara evidenza di sovrapposizione genetica tra biomarcatori nel sangue e tratti psichiatrici, compresi gruppi di misure biochimiche che tendevano a correlarsi con profili psichiatrici simili.
“Sebbene il metodo GWAS abbia una serie di limitazioni, consente un’importante opportunità di dare priorità ai tratti biochimici che sono presumibilmente clinicamente rilevanti in psichiatria e di idirizzare studi futuri su questi tratti”, scrivono gli autori.