Ne parla il professor Walter Ricciardi.
Qualunque siano le cause l’Italia si presenta al mondo come il Paese con più contagi e morti rispetto alla sua popolazione. Gli Stati Uniti ci hanno sorpassato per numero di casi e New York vola toccando praticamente la metà di tutti i casi italiani, ma l’immagine dell’Italia al momento è quella dell’”untore” dell’Europa ed è quella che sta pagando il più alto disagio economico, in proporzione ai nostri conti, anche perché partita prima nel mondo occidentale con le norme di contenimento, con il blocco di tutte le attività non essenziali.
Si doveva cominciare a riaprire il 3 aprile, ma è sicura la proroga di altri 15 giorni almeno. A fine aprile, come sta avvenendo in altri Paesi entrati dopo in piena pandemia. Che cosa fare allora per uscire dal tunnel più rapidamente? Primo: potenziare i test, come l’Organizzazione mondiale della Salute (OMS) chiede a tutti da tempo. Secondo: adottare la strategia della Corea del Sud il prima possibile.
Walter Ricciardi, membro italiano del comitato esecutivo dell’Oms e consulente del ministero della Salute, indica questa strada da giorni, da fine febbraio. E ora sembra che stia per essere ascoltato. Le prove tecniche di contenimento “intelligente” del contagio e di accelerazione della conclusione di questa prima drammatica pandemia globale partono dai consigli di uno dei massimi esperti di salute pubblica mondiali.
In pratica in Italia starebbe per partire la Smart Health attuata in Sud Corea prima e in Cina poco dopo. Ne abbiamo già scritto, ma come interpreta Ricciardi il modello sudcoreano?
«Effettuare il test al momento dell’insorgenza lieve dei sintomi, anche in presenza di un solo sintomo come mal di gola o tosse, cioè in una fase precoce dell’infezione. Subito dopo abbinare il test a una tracciatura iper-tecnologica sia di una persona che dei suoi contatti in modo rapido. Così si ha la mappatura dei positivi e negativi e seguirne i movimenti e il rispetto dell’isolamento. In pratica il Paese riparte pur attuando il distanziamento sociale. I positivi anche asintomatici stanno in isolamento fino a quando il test non sarà negativo e i negativi si possono muovere, adottando precauzioni, ma riprendendo le attività». I test andranno fatti anche ai dimessi guariti per monitorare che non vi siano ritorni del virus, visto che questo non è ancora chiaro. In pratica, la popolazione sotto controllo digitale da un invisibile Grande Occhio della Salute.
Ma è una strategia praticabile in Italia?
Per Ricciardi sì: «Siamo assolutamente fiduciosi. Per la tecnologia ci siamo, per l’organizzazione territoriale nel praticare i tamponi per i test anche. Ricercatori e aziende hanno lavorato a questa ipotesi da tempo e tutto sarebbe pronto per partire».
E la popolazione? La privacy?
«Il progetto sarà illustrato al garante per la protezione della privacy. E va considerato che a parte l’emergenza, questi strumenti possano servire anche dopo per una sanità sempre più “intelligente”». Una Smart Health che vede la tecnologia protagonista per il benessere della popolazione e non certo a suo danno.
Finora però il problema non ha riguardato il reperimento delle informazioni, ma la difficoltà di organizzare tutti questi test. Trovare più contatti ma non riuscire a fare i tamponi sarebbe uno spreco di risorse.
«Se ci organizziamo, le risorse per i test ci sono. È chiaro che dobbiamo incrementarle», ammette Ricciardi. «La rete diagnostica dovrà essere rafforzata, specialmente al sud. L’allargamento ad altri laboratori deve rispettare norme nazionali, ma deve essere fatto dalle Regioni».
Quindi come far riprendere al Paese la vita normale?
“Dobbiamo agire contemporaneamente su due direttive principali: il contenimento, per evitare che l’infezione si diffonda massicciamente in tutta Italia. Poi dobbiamo rafforzare assolutamente la capacità di risposta, soprattutto della Lombardia che è quella più colpita. Non ci sono altre strade, questa è l’unica via da percorrere. Ovviamente applicando il modello sudcoreano per arrivare prima a un contenimento intelligente poi alla fine dell’emergenza”.
Rafforzare la capacità di risposta, come?
“Incrementando i posti letto di terapia intensiva e di terapia subintensiva per fronteggiare il massiccio afflusso di pazienti che, soprattutto in Lombardia, continua ad aumentare anche se meno delle settimane scorse. Si deve poi verificare che le altre Regioni siano pronte se coinvolte da più casi”.
Ma quanto accaduto in Lombardia che cosa ci insegna?
“Si è visto che le Regioni con una maggiore sanità territoriale hanno retto meglio, mentre la Lombardia dove la sanità è d’eccellenza ma molto concentrata a livello ospedaliero si è ritrovata al centro del sisma. Sono stati documentati diversi errori iniziali, quando già si sapeva di Wuhan e dell’epidemia galoppante. Molte persone, anche giovani, sono state ricoverate per influenza grave o per polmoniti anomale senza che venissero sottoposte a un tampone per diagnosticare il Covid-19. Si sospetta ora che fossero infettati, forse da un virus meno aggressivo, ma infettati e infettanti. In ospedale tra altri malati di altre patologie o appena operati, fragili per le loro condizioni.
Gli ospedali potrebbero aver fatto da camera di incubazione per altri malati, per i loro parenti che andavano a trovarli, per medici e infermieri, per il personale non sanitario. Poi i malati per altre patologie sono stati dimessi, forse infettati ma ancora senza sintomi, mine vaganti. Così la Lombardia è diventata zona rossa. In quel momento, ognuno che accusava sintomi andava in Pronto soccorso per paura del coronavirus e ancora diffusione. È quanto accaduto con il paziente numero 1 di Codogno, un giovane iperattivo che abbiamo visto poi che da già infettato ha contattato almeno altre 600 persone. Il che significa, con il grado di infettività di questo virus, potenzialmente almeno 2 mila infettati da questo paziente.
Poi sempre senza test ricoverato in ospedale e qui ancora fonte di contagio per altri malati e operatori sanitari. Altro errore, per Bergamo, la partita Atalanta Valencia il 19 febbraio. Altra esplosione di contagi”. A parte la Fiera della pelletteria, il MiPel, a Milano sempre a metà febbraio con un via vai di compratori anche dall’Oriente (esclusi solo i cinesi della zona dell’epidemia).
Quali sono gli indicatori che devono mutare affinché si possa decretare la fine della quarantena?
“L’appiattimento della curva epidemica. Fino a quando continueranno ad aumentare i casi è chiaro che queste misure dovranno continuare ad essere mantenute. Bisogna che ci sia un numero di casi ridotto perché si blocchi la trasmissione del virus”.
Una previsione?
“Per lasciarci alle spalle il ‘pericolo’ coronavirus sarà necessario attendere almeno maggio-giugno”.