Nonostante le limitazioni per contenere il contagio si può fare attività fisica. Ecco le FAQ.

 

L’Organizzazione mondiale della Salute (OMS) ha dichiarato la pandemia, che significa un’epidemia che colpisce tutti i continenti, P-World. E per il mondo dello sport si prospetta una serrata, perché a parte i rischi contagio per gli atleti sono i tifosi quelli a più alto rischio diffusione del virus Covid-19. Al di fuori dell’agonismo, comunque, l’attività fisica va fatta, all’aperto e a ogni età. Chiusi in casa e seduti in poltrona avrebbe conseguenze per gli anziani forse maggiori del virus. Gli stili di vita corretti non vanno mai abbandonati e l’attività fisica rientra tra le regole di buona salute. E non solo per gli anziani, visto che tra palestre, spa e scuole chiuse già sui social si registrano lamentele relative all’aumento di peso. Molte le domande, cercheremo di rispondere con l’aiuto del virologo dell’università di Milano Fabrizio Pregliasco.

 

Che cosa è l’”open window”, la finestra aperta nel fisico degli sportivi, sia agonistici sia amatoriali?

È il paradosso dell’atleta, super uomo o super donna nella vita ma con una finestra aperta momentanea che li rende più fragili degli altri rispetto alle infezioni, agli agenti patogeni.

 

Fragilità?

Sì. Sforzi molto intensi causano una temporanea depressione del sistema immunitario. Il fenomeno si chiama “open window”. Insieme alla vicinanza fra gli atleti in gara o negli spogliatoi, potrebbe spiegare i contagi come quello del 38enne fondista di Codogno (due maratone e una partita di calcio in sette giorni lo hanno reso più fragile di un settantenne) e dei giovani calciatori e del tecnico della Pianese di Siena:4 giocatori e un addetto agli spogliatoi positivi al coronavirus, il tecnico e un altro calciatore ricoverati.

 

Sport e coronavirus sono forse alleati in senso negativo?

In generale no. Un livello normale di attività fa solo bene. Ma c’è appunto il problema della “finestra aperta”. Diversi studi hanno misurato l’efficienza delle difese immunitarie su vari atleti professionisti, di diverse discipline, subito dopo sforzi molto intensi. Hanno notato questa temporanea depressione, alcune ore dopo l’allenamento o la gara, e l’hanno collegata a un rischio leggermente più alto di infezioni alle vie aeree superiori: naso e gola. Proprio i punti in cui esordisce la malattia da coronavirus.

 

E quanto tempo resta aperta la finestra?

Varia da persona a persona e dall’intensità dello sforzo fisico ma in media è di due ore di “sonno” immunitario, che poi tornano normali. Anzi chi fa sport le ha più alte degli altri, per questo è una sorta di paradosso.

 

Conta l’intensità dell’impegno fisico?

Certo. Fisico e mentale. Parliamo di sforzi importanti, di quelli in cui alla fine sei esaurito. Non della pratica sportiva normale.

 

Coronavirus e spogliatoio invece sono alleati?

Sicuramente. Ottimi alleati. Anche perché di solito nello spogliatoio si va quando nella maggior parte degli atleti è in atto la depressione immunitaria. Tra calore e umidità, il droplet, le goccioline che con tosse o starnuti passano nell’aria e che contengono il virus, persiste più a lungo nell’ambiente e si spostano più rapidamente. Quindi sono a rischio sia gli atleti, sia i massaggiatori, i tecnici se presenti, gli accompagnatosi, eccetera.

 

Ma lo spogliatoio degli sport di squadra solamente?

No. Tutti, per i lottatori, i pugilatori, i nuotatori, i pesisti, i ciclisti, anche perché spesso la gara è individuale ma lo spogliatoio è comune.

 

Quindi il contagio avviene respirando la stessa aria in cui è volatilizzato il droplet con il virus?

Sì, ma anche per contatto fisico tra gli atleti o per la condivisione di superfici e attrezzature sportive come spogliatoi, docce, equipaggiamenti protettivi, tappetini e sala pesi, ma anche attraverso acqua e cibo contaminati. Sono queste le “corsie” preferenziali delle malattie infettive che viaggiano così da un individuo a un altro. Per gli sport di squadra, l’Accademia americana di pediatria (Aap) ha pubblicato sulla rivista Pediatrics le linee guida per limitare la trasmissione delle malattie infettive tra i campioni in erba. Linee guida che consigliano anche un paio d’ore di riposo isolato dopo un allenamento intenso o una gara impegnativa. E c’è anche chi consiglia la meditazione per recuperare l’efficienza del sistema immunitario. Cosa questa documentata da alcuni studi sul campione di apnea.

 

Altri mezzi di contagio?

Gli asciugamani umidi, le borracce se si condividono, gli sputi per esempio nella doccia.

 

E in campo, per esempio nel calcio, nel rugby, nel baseball o nel basket?

Sputi sicuramente, che finiscano in terra o sul parquet, abbracci, baci, contatti duri durante il gioco, bere dalla stessa borraccia, asciugarsi anche solo le mani con lo stesso asciugamano. Sputare in terra poi da parte di campioni simbolo è anche un grave cattivo esempio in particolare per i giovani tifosi. Lo sputo è uno dei maggiori veicoli di trasmissione di virus e batteri da persona ad ambiente a persona.

 

E il sudore? Trasmette il coronavirus?

No. E nel caso dei virus che colpiscono le vie aeree nemmeno il sangue o lo sperma.

 

Quali sport si possono praticare in sicurezza?

Il tennis, stando attenti alle distanze di sicurezza dagli altri. Il golf. Gli sport automobilistici e motoristici. Il ciclismo con le varie accortezze su sputi e borracce. L’atletica quando individuale. Il nuoto, ma a rischio è l’ambiente della piscina e non lo sport… eccetera. L’importante è tenere sempre a mente il rischio spogliatoio e le regole di prevenzione che valgono per tutti, sportivi e non.

 

L’equitazione? Il cavallo non si infetta? Non è pericoloso?

Assolutamente no. Nemmeno gli animali domestici. Anzi per fare attività fisica portare a spasso il cane è ottimo, vanno evitati assembramenti, parchi affollati, tutto ciò che porta a distanza ravvicinata una persona con l’altra. Correre senza nessuno attorno è sicuro e da fare.

 

Ma allora conoscendo i meccanismi del rischio perché bloccare per esempio le partite di calcio?

Perché gli spalti diventano moltiplicatori di contagio. I tifosi e gli spettatori in genere sono gomito a gomito, sputano dall’alto verso il basso, urlano, starnutiscono, tossiscono in aree ristrette tra le varie persone. E questo negli stadi all’aperto e in quelli chiusi, come palazzetti dello sport o piscine.

 

E gli sport invernali?

Alla “finestra aperta” si unisce l’aria fredda. Nel nostro sistema respiratorio abbiamo delle piccole ciglia che ci aiutano ad eliminare i microbi, ma che con le temperature basse funzionano meno. Quindi dopo una lunga gara di fondo il rischio è alto, soprattutto quando si crolla a terra esausti all’arrivo. Quando appunto si è dato tutto.

 

Nel calcio, arbitri e guardalinee rischiano?

No, applicando le accortezze valide per tutti. Caso mai quelli del VAR, se in due e in un ambiente chiuso e ristretto.

 

Ma allora perché lo stop al calcio o ad altri sport?

L’aspetto simbolico è forte e utile ai fini di un’azione di contenimento del contagio, ma il vero problema sono gli spalti, aree ad altissimo contagio. In ogni caso andrebbero chiusi.

 

Fin qui l’attività fisica agonistica, il rischio per gli atleti, ma il mondo si dovrebbe fermare chiuso in casa?

Assolutamente no, per la salute soprattutto di bambini e anziani l’attività fisica è più che benefica, una sorta di cura obbligata. Quindi guai alla sedentarietà obbligata.

 

Allora?

Mezz’ora di passeggiata veloce, corsetta, tre volte a settimana. All’aperto, ma evitando situazioni affollate. Poi passeggiate con il cane, se lo si ha. È il minimo considerando che palestre e spa sono chiuse. Se si usano pesi o altri strumenti di allenamento in casa, ricordarsi sempre di pulire sempre tutti gli oggetti prima e dopo il loro uso. E le mani. Spero che il concetto di lavare spesso le mani cominci a entrare negli automatismi delle persone.  

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