Nuovi studi a proposito della carne rossa: in quantità moderate fa bene.
Il consumo medio di carne rossa tende a diminuire, ma rimane una componente molto importante delle abitudini alimentari nelle nazioni occidentali. In generale il troppo non è salutare, in questo caso però non si tratta solo di dicerie.
Un numero sempre crescente di indagini scientifiche associa il consumo di carne rossa, specie se processata (ovvero trattata, trasformata, affumicata o sottoposta ad altri procedimenti per migliorare il sapore o conservare l’alimento, come insaccati o salsicce) a un incremento del rischio di diabete tipo 2, ipertensione arteriosa, malattia cardiovascolare, alcuni tipi di cancro e mortalità in generale.
L’ultimo studio, condotto da ricercatori statunitensi e cinesi, aveva l’obiettivo di valutare se e come le modifiche nel consumo di carne rossa in un arco di tempo di 8 anni fossero associate al rischio di morte negli 8 anni successivi.
Sono stati valutati i dati provenienti da due grandi e lunghi studi di popolazione condotti negli Stati Uniti, il Nurses Health Study e l’Health Professionals Follow-up Study, in cui sono stati utilizzati questionari sulle abitudini alimentari di circa 54.000 donne e 28.000 uomini rispettivamente, integrati ovviamente da dati di carattere clinico e sullo stile di vita, con i dati sulla mortalità verificati tramite molteplici fonti e “aggiustati” per numerosi fattori potenzialmente confondenti.
I risultati sono stati pubblicati dalla prestigiosa rivista scientifica Brithish Medical Journal.
Nel corso dell’osservazione, il consumo totale medio di carne rossa si è ridotto, in termini di porzioni al giorno, da 1,05 a 0,74 nelle donne e da 1,14 a 1,03 negli uomini. Il consumo di carne rossa processata si è ridotto da 0,3 porzioni al giorno a 0,21 nelle donne, rimanendo invariato a 0,35 negli uomini. In tutta la popolazione, un incremento del consumo totale di carne rossa di 1 porzione/giorno si associava con un incremento della mortalità per tutte le cause del 9% (del 17% se la porzione era di carne rossa processata, del 5% per la carne rossa non processata), con – in particolare – un incremento del 19% di morte per malattie cardiovascolari e del 57% di morte per malattie neurodegenerative per ogni porzione in più al giorno di carne rossa processata. L’incremento del rischio era maggiore per i soggetti normopeso, minore (ma significativo) per i soggetti sovrappeso o obesi, e indipendente dall’entità del consumo iniziale di carne rossa e dalle modifiche dello stile di vita.
La riduzione del consumo di carne rossa si associava a una riduzione del rischio di morte per tutte le cause, ma solo se era accompagnato da un incremento dell’assunzione di cereali integrali, verdure e altre fonti di proteine (come legumi e pesce, ad esempio), con la maggiore riduzione del rischio se si aumentava il consumo di frutta a guscio (-26% di mortalità) e pesce (-25%).
La novità dello studio è che, per la prima volta, viene mostrato che i cambiamenti a breve, medio e lungo termine delle abitudini alimentari, in termini di consumo di carne rossa, si associano a modifiche della mortalità, indipendentemente dai livelli iniziali.
Le carni rosse processate sono senz’altro ricche di sostanze che possono accelerare i processi aterosclerotici ed influenzare lo sviluppo di insulino-resistenza, diabete e malattie cardiovascolari. Sono, inoltre, ricche di sale, la cui eccessiva assunzione aumenta il rischio di ipertensione arteriosa e malattie cardiorenali.
Come vale per tutti gli studi osservazionali, non si possono desumere relazioni causa-effetto, ma i risultati forniscono ulteriori evidenze che ridurre il consumo di carne rossa, specie processata, rimpiazzandolo con alternative più salutari, come cereali integrali, verdure, frutta da guscio e pesce, può portare a benefici in termini di longevità.
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