Il 12,5% degli italiani con più di 65 anni soffre oggi di una malattia delle valvole cardiache. Che però si possono curare.

 

Tra le malattie correlate all’età, ci sono quelle cardiache strutturali – quali la stenosi aortica, il rigurgito mitralico e tricuspidale – che riguardano un declino funzionale delle valvole cardiache. La loro prevalenza aumenta con l’avanzare dell’età e riguarda oggi il 12,5% degli italiani con più di 65 anni, stimando che nel 2040 colpiranno 2,5 milioni di persone.

Le malattie delle valvole cardiache possono essere curate. “Il loro trattamento passa, in genere, per la riparazione o la sostituzione delle valvole danneggiate attraverso procedure di tipo chirurgico o percutaneo, a seconda di specifiche valutazioni cliniche, tra cui la gravità della malattia e lo stato di salute generale del paziente” dice Gino Gerosa, Presidente Società Italiana di Chirurgia Cardiaca (SICCH).

 

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“In entrambi i casi, il trattamento ha un ruolo fondamentale nel prevenire non solo la mortalità – il 50% delle persone con stenosi aortica sintomatica grave muore entro i 2 anni – ma anche il declino funzionale che può innescare un effetto domino con l’insorgenza di altre malattie. Oggi molte alterazioni strutturali cardiache possono essere curate grazie alla cardiochirurgia microinvasiva senza la necessità di aprire il torace, di utilizzare la circolazione extracorporea e fermare il cuore utilizzando le tecnologie transcatetere.

«Le tecniche a disposizione oggi, grazie alla ricerca scientifica, sono sempre più avanzate e consentono di curare non solo un maggior numero di pazienti, come ad esempio quelli un tempo ritenuti “non idonei” all’intervento cardiochirurgico, ma anche di tutelare la sostenibilità sociale»

Nel 2040, si stima che un quarto delle prestazioni sanitarie sarà di persone con più di 65 anni e già entro il 2020 l’Italia spenderà 18,2 miliardi di euro per le malattie cardiovascolari.

«Anche per questo, trattare le malattie delle valvole cardiache, contrastando la comparsa di multi-morbidità, può ridurre le ospedalizzazioni fino al 50% contribuendo a una riduzione dei costi del sistema sanitario nazionale»



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