Le previsioni degli esperti non escludono la possibilità che l’infezioni continui a circolare per anni.

 

Giugno 2021. Il mondo è in modalità pandemica da un anno e mezzo. Il virus continua a diffondersi con focolai piccoli; mini lockdown intermittenti sono la nuova normalità. Un vaccino approvato offre sei mesi di protezione, ma l’accordo internazionale ha rallentato la sua distribuzione. Si stima che 250 milioni di persone siano state infettate in tutto il mondo e 1,75 milioni siano morte. Questo potrebbe essere lo scenario immaginario peggiore, nei numeri più che nella situazione, della pandemia di Covid-19 che l’Organizzazione mondiale per la Salute (OMS) ritiene sarà ancora in atto tra due anni. Non è chiaro se i due anni partono dal momento in cui la pandemia è stata annunciata ufficialmente (165 giorni fa) o dal momento (21 agosto) in cui gli esperti OMS hanno paventato queste tempistiche.

In tutto il mondo, comunque, gli epidemiologi stanno costruendo proiezioni a breve e lungo termine per prepararsi, e potenzialmente mitigare, all’entità della diffusione e all’impatto di SARS-CoV-2, il virus che causa Covid-19. Anche se le loro previsioni e tempistiche variano, gli specialisti dei modelli matematici, di scenari, concordano su due cose: Covid-19 è qui per rimanere, e il futuro dipende da molte incognite, tra le quali: se le persone sviluppano un’immunità duratura al virus, se la stagionalità influisce sulla sua diffusione e, forse la più importante, quali scelte sono fatte dai governi e dagli individui. “Non sappiamo ancora cosa succederà”, dice Rosalind Eggo, creatrice di modelli di malattie infettive presso la London School of Hygiene & Tropical Medicine (LSHTM). Se l’immunità al virus dura meno di un anno, per esempio, come per altri coronavirus umani in circolazione, potrebbero esserci aumenti annuali delle infezioni da Covid-19 fino al 2025 e oltre. Che cosa accadrà allora nel prossimo futuro? Se lo è chiesto la rivista scientifica Nature sintetizzando modelli e scenari allo studio nei centri di tutto il mondo.

Intanto, prima constatazione: la pandemia non sembra agire allo stesso modo da un posto all’altro. Paesi come la Cina, la Nuova Zelanda e il Ruanda hanno raggiunto un basso livello di casi – dopo lockdown di diverse durata e ampiezza – e stanno allentando le restrizioni mentre però si osservano casi di ritorno. Altrove, come negli Stati Uniti e in Brasile, i casi stanno aumentando rapidamente dopo che i governi hanno revocato rapidamente i blocchi o non li hanno mai attivati a livello nazionale (Brasile e alcuni Stati degli Stati Uniti).

Una seconda constatazione: a fine agosto si può scientificamente dire che l’estate non ferma uniformemente il virus, ma che il clima caldo potrebbe rendere più facile contenerlo nelle regioni temperate. Nelle aree che avranno un calo delle temperature nella seconda metà del 2020, gli esperti ritengono che potrebbe esserci con alte possibilità un aumento della trasmissione.

Molti virus respiratori umani – influenza, altri coronavirus e virus respiratorio sinciziale (RSV) – seguono le oscillazioni stagionali che portano a focolai invernali, quindi è probabile che SARS-CoV-2 seguirà questa strada. “Mi aspetto che il tasso di infezione da SARS-CoV-2, e anche potenzialmente l’esito della malattia, sarà peggiore in inverno”, afferma Akiko Iwasaki, immunobiologo della Yale School of Medicine di New Haven, Connecticut. E aggiunge: “L’evidenza suggerisce che l’aria invernale secca migliori la stabilità e la trasmissione dei virus respiratori e che la difesa immunitaria delle vie respiratorie potrebbe essere compromessa dall’inalazione di aria secca”. Inoltre, in caso di clima più freddo le persone hanno maggiori probabilità di rimanere in casa, dove la trasmissione del virus attraverso le goccioline è un rischio maggiore, afferma Richard Neher, biologo computazionale presso l’Università di Basilea in Svizzera. Le simulazioni del gruppo di Neher mostrano che la variazione stagionale potrebbe influenzare la diffusione del virus e potrebbe rendere più difficile il contenimento nell’emisfero settentrionale quest’inverno.

In futuro, i focolai della SARS-CoV-2 potrebbero arrivare a ondate ogni inverno. “Il rischio per gli adulti che hanno già avuto Covid-19 potrebbe essere ridotto, come con l’influenza, ma dipenderebbe da quanto rapidamente l’immunità a questo coronavirus svanisce”, spiega Neher. Inoltre, la combinazione di Covid-19, influenza e RSV in autunno e in inverno potrebbe essere impegnativa e si stanno creando modelli anche sulle interazioni tra tali virus.

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