Una finestra aperta sul mondo reale delle persone che vivono con HIV, arruolando i pazienti quando sono naives e seguiti per tutta la vita. Le linee di ricerca di ICONA comprendono diverse aree, virologica e immunologica, clinica, terapeutica, e soprattutto la ricerca ‘patient-oriented’ sul vissuto dei pazienti. Tutto coordinato dalla Segreteria Scientifica composta da 14 membri, mentre il Comitato Scientifico, di 48 membri propone e valuta progetti di ricerca.

 

 

Chi sono le persone affette da HIV in Italia, come sta cambiando la modalità di trasmissione del virus e quali sono gli antiretrovirali più usati?

Per dare un quadro omnicomprensivo della situazione, la Fondazione ICONA pubblica un report annuale, da 26 anni, che mostra in dettaglio tutti i dati sui pazienti nel nostro Paese, che vengono arruolati quando ancora non sono stati sottoposti a trattamento (naive) e poi seguiti per tutta la vita, in modo da avere una visione a lungo termine dell’evoluzione e delle variazioni dei dati statistici.

 

Come cambia l’età delle persone infette alla diagnosi

L’età media delle persone HIV positive naive arruolate nella coorte ICONA sta aumentando negli ultimi anni, soprattutto dal 2012, senza differenza di genere.

In particolare, sta aumentando la percentuale di soggetti con diagnosi infezione da HIV di età superiore ai 50 anni.

Aumentano anche nella fascia oltre i 60 anni, che rappresenta il 18-19% dei pazienti arruolati nel 2018-22, mentre stanno diminuendo le nuove diagnosi nella fascia di età compresa tra 30 e 40 anni, il 50% circa degli arruolati nel 2000 e il 28% nel 2018-22.

Nel periodo precedente (dal 1997 fino al 2011) le donne con nuova diagnosi di HIV erano più giovani, mentre l’età media degli uomini è rimasta pressoché stabile fino al 2014, per poi subire un incremento.

È da notare che l’età di uomini e donne con nuova infezione all’arruolamento in ICONA è tra loro identica da circa 10 anni.

 

Cala il contagio da scambio di siringhe, aumenta quello per via sessuale

La principale via di trasmissione dell’infezione è quella sessuale (77.3%) da più di vent’anni. Nel periodo 1997-1999, invece, quasi la metà dei casi doveva la positività al virus a causa dell’uso di sostanze per via endovenosa, che è diminuita drasticamente dal 1997 al 2010 (dal 47,1% al 2,5%) e sta continuando a farlo.

Negli ultimi dieci anni, la trasmissione uomo-uomo rappresenta circa il 50% dei casi. In generale, le modalità di trasmissione del virus sono rimaste relativamente stabili dal 2010 ad oggi.

L’HIV viene diagnosticato, però, sempre più in fase avanzata, secondo i dati espressi dai test sui linfociti CD4 (globuli bianchi con questa glicoproteina che attaccano virus e patogeni).

 

 

Si abbassa la conta dei globuli bianchi alla diagnosi, sintomo di stadio avanzato dell’HIV

Le conte mediane di CD4 alla diagnosi continuano a diminuire negli anni, e la percentuale di persone con conte di CD4 <350/ mmc (indicative di presentazione tardiva) è aumentata dal 38.9% negli anni 1997-99 al 54.6% nel 2020-22.

Inoltre, persone con conte di CD4 inferiori a 200/mmc, con una diagnosi quindi di malattia da HIV in fase avanzata (diagnosi di AIDS per i CDC) rappresentano negli ultimi anni il 15% delle nuove diagnosi.

Si ritiene che queste persone, presumibilmente infettate anni fa, sono la prima causa del mantenimento della circolazione del virus nella popolazione: infatti, essendo inconsapevoli e non trattate, non usano misure di protezione durante i rapporti sessuali.

I dati raccolti dalla coorte ICONA sono in linea con i dati del Registro Nazionale delle nuove diagnosi di HIV, il registro ISSCOA. In entrambi, le donne rappresentano circa il 16-18% delle nuove diagnosi, e le persone sopra i 50 anni circa il 30%. ICONA dunque ben rappresenta lo scenario epidemiologico italiano dell’infezione da HIV.

Analizzando i dati immunologici, i pazienti con nuova diagnosi di HIV arruolati nella coorte ICONA e nel registro ISS-COA negli anni 2019-2021 presentano in più della metà dei casi conte di CD4 < 350 cellule/mmc, indicative di presentazione tardiva, e nel 40% dei casi circa conte < 200 cellule/mmc, indicative di malattia in fase avanzata.

 

 

Diminuzione delle diagnosi nel periodo Covid

Il numero di nuove diagnosi di HIV si è ridotto negli ultimi tre anni, e, nel 2021, i nuovi casi sono il 70% di quelli diagnosticati nel 2019.

La pandemia ha certamente comportato una riduzione dello screening, ma la diminuzione può anche essere imputata all’efficacia dell’uso generalizzato della terapia antiretrovirale e dalla profilassi pre-esposizione (PrEP) nei gruppi a rischio.

 

 

Comorbidità con epatite C e B

L’effetto del calo di infezione tramite scambio di siringhe per l’assunzione di sostanze per via iniettiva ha influenzato anche la trasmissione dei virus dell’epatite (HCV e HCB) nelle persone che già vivono con HIV.

La prevalenza di HCV nelle persone sieropositive che entrano in cura in Italia è progressivamente diminuita negli ultimi 25 anni: mentre nel 1997 più della metà (55.4%) degli arruolati nella coorte ICONA, e testati per HCV entro un anno, sono risultati positivi per HCV-Ab, negli anni più recenti la prevalenza è stabile intorno al 5%.

La prevalenza di HBV all’arruolamento nella coorte è invece sempre stata significativamente inferiore, con una proporzione di soggetti HBsAg-positivi stabilmente sotto l’8%, e attualmente intorno al 2.5%-5.0%.

 

 

Le terapie: quali sono quelle più usate

L’analisi della prevalenza delle differenti classi di antiretrovirali, utilizzati come “terzo farmaco” in prima linea per

anno di arruolamento, evidenzia il progressivo aumento, a partire dal 2015, dell’utilizzo degli inibitori dell’integrasi che negli ultimi anni sono presenti in circa il 90% dei regimi di prima linea (comprese le dual therapy con INSTI).

Negli ultimi 4 anni al calo dei regimi di prima linea contenenti NNRTI e PI/b è corrisposto un aumento dei regimi con 2 soli farmaci (3TC+DTG) in concomitanza con le raccomandazioni delle principali linee guida internazionali di terapia antiretrovirale.

L’analisi dei principali regimi terapeutici utilizzati in prima linea in rapporto al valore basale di linfociti CD4+/mmc, mostra un largo utilizzo di regimi includenti inibitori dell’integrasi di seconda generazione (BIC e DTG) associati a 2 NRTI.

Il regime dual therapy con 3TC/DTG tende ad essere utilizzato in una percentuale superiore di PLWH con un numero superiore di CD4+/mmc.

I regimi con DRV/c sono utilizzati prevalentemente in pazienti con basso numero di CD4+/mmc mentre i regimi contenenti DOR sono utilizzati in bassa percentuale ma con livelli di CD4+ > 200/mmc.

La coorte ICONA ha analizzato l’andamento negli ultimi 3 anni dei regimi antiretrovirali più utilizzati nei pazienti in follow-up nella coorte ICONA includendo tutte le linee terapeutiche.

Si osserva un aumento dei due STR (Single Tablet Regimen) più utilizzati (FTC/TAF/BIC e 3TC/DTG).

Una percentuale importante di pazienti continua ad assumere RPV in formulazione STR con FTC/TAF.

Un dato rilevante da sottolineare è quello che oltre il 70% dei pazienti attualmente in terapia antiretrovirale assume un regime STR.

 

 

L’effetto dei nuovi trattamenti sula replicazione del virus: quanti sono i casi con HIV non più rilevabile

L’efficacia delle nuove terapie emerge chiaramente dall’analisi dei dati: dal 2015 a oggi, la percentuale di pazienti con viremia non rilevabile (<50 copie/ml) è stabile ben al di sopra del 90%, mentre solo una piccola percentuale di pazienti ha viremia rilevabile (6-7%).

Un’ulteriore analisi di tali pazienti mostra che più della metà di questo 6-7% ha una viremia rilevabile ma molto contenuta (50- 200 copie), che in alcune linee guida internazionali è ancora considerata come successo terapeutico.

Circa l’1% dei pazienti ha viremia >10.000 copie/ml, indice di replicazione virale.

Nell’insieme, i dati mostrano un controllo massivo sia della replicazione virale, sia della circolazione/trasmissione del virus nei pazienti trattati.

Ciò indica anche una limitata progressione della malattia, e un modestissimo rischio di trasmissione di virus resistente ai farmaci (problema non indifferente nel recente passato).

Una quota molto contenuta ma stabile di pazienti va incontro a fallimento terapeutico e necessita di nuove strategie terapeutiche mirate a controllare la replicazione del virus, spesso già resistente a farmaci.

 

 

 

 



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