I risultati possono aiutare nello sviluppo di trattamenti per i pazienti con condizioni di dolore cronico, come il dolore post-ictus o arto fantasma.

 

I segnali cerebrali possono essere utilizzati per prevedere quanto dolore sta vivendo una persona, suggerisce uno studio pubblicato su Nature Neuroscience questa settimana.

I risultati, che sono i primi risultati del rilevamento diretto in-umano del dolore cronico, possono aiutare nello sviluppo di trattamenti per i pazienti con condizioni di dolore cronico, come il dolore post-ictus o arto fantasma.

Il dolore cronico a lungo termine è un importante problema di salute pubblica che contribuisce a sostanziali disabilità e costi economici.

I trattamenti attuali sono spesso insufficienti per gestire il dolore cronico e gli oppioidi comunemente prescritti comportano rischi di overdose da parte dei pazienti sui loro farmaci.

La gravità del dolore viene solitamente valutata utilizzando misure di auto-segnalazione, ma poiché il dolore è noto per essere soggettivo e varia tra gli individui, questa è una misura imperfetta.

Trovare biomarcatori oggettivi del dolore aiuterebbe a guidare la diagnosi e i potenziali trattamenti per il dolore cronico.

In quattro pazienti con dolore cronico, all’Università della California San Francisco hanno impiantato elettrodi di registrazione nella corteccia cingolata anteriore e nella corteccia orbitofrontale (regioni cerebrali associate al dolore).

Nell’arco di tre-sei mesi, i pazienti hanno auto-riferito i loro livelli di dolore mentre gli elettrodi registravano la loro attività cerebrale.

Utilizzando metodi di apprendimento automatico, gli autori sono stati in grado di prevedere con successo i punteggi di gravità del dolore di ciascun individuo dalla loro attività cerebrale con alta sensibilità.

Hanno anche scoperto che potevano distinguere il dolore cronico (che era più fortemente associato all’attività della corteccia orbitofrontale) dal dolore termico acuto somministrato dallo sperimentatore (che era più fortemente associato all’attività della corteccia cingolata anteriore).

Gli autori suggeriscono che queste osservazioni potrebbero aiutare nello sviluppo futuro di sistemi che rilevano istantaneamente e cortocircuitano il dolore nel cervello.

 

Crediti: Prasad Shirvalkar

 

 



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