Di Sean Carroll. Il mondo dei quanti e l’emergere dello spaziotempo.
Se volete davvero capire la meccanica quantistica, questo è il libro che fa per voi. L’autore spiega magistralmente, senza usare formule, equazioni e calcoli, la natura della fisica che descrive il mondo delle particelle subatomiche.
Di più: ne chiarisce il significato, spesso non così limpido anche ad alcuni fisici, che pur capendo la matematica e il calcolo che strutturano la meccanica quantistica, non ne sanno divulgare l’essenza.
Questo nella prima parte del libro. Nella seconda – e più corposa – l’autore presenta una teoria che tenta di risolvere alcuni paradossi della cosiddetta “interpretazione di Copenaghen”, la formulazione della fisica quantistica adottata dalla maggior parte dei fisici.
Lo fa introducendo la teoria dei molti mondi, o universi paralleli, già proposta negli anni ’50 da Hugh Everett III, ma che non ha avuto un gran numero di followers, per usare un’espressione dei giorni nostri.
In sintesi, questa teoria può rimediare ai suddetti paradossi (come il famoso gatto di Schrödinger che è vivo e morto allo stesso tempo), ipotizzando che ogni volta che si esegue una misura su una particella l’universo si sdoppia, si divide in due copie di se stesso in ognuna delle quali c’è un differente valore della misura.
Ci sarebbero quindi infiniti mondi, ciascuno generato ogni volta che una particella viene osservata, o, per meglio dire col linguaggio dei fisici, si determina tramite una misura il valore di una sua caratteristica, che fino a quel momento resta indeterminata (cioè si trova in una sovrapposizione simultanea di tutti i valori che può assumere).
Cosa non convince? Che l’autore, per convincerci di questa teoria, la presenta come l’assoluta verità per quanto riguarda la fisica quantistica, cercando di dimostrare l’infondatezza o l’incongruenza di tutte le altre interpretazioni alternative.
E questo ricorrendo più alla filosofia che alla fisica, con intrigati ragionamenti e deduzioni mentali che sconfinano nella metafisica.
Mostrando in questo modo, però, proprio il lato debole della teoria che vorrebbe propinare come “esatta”, la quale si accartoccia, così, in una tautologia a vicolo cieco: gli universi paralleli, per definizione, sono irraggiungibili e insondabili dal nostro e quindi non c’è modo di verificare la loro esistenza sperimentalmente, sono postulati per riparare le presunte incongruenze della meccanica quantistica, ma non hanno spazio nella nostra realtà sensoriale o strumentale.
Qualcuno potrebbe dire: quando la toppa è peggiore del buco; tuttavia, almeno nella prima parte, la lettura è interessante e coinvolgente, mentre nel seguito il fascino comincia a scemare man mano che l’autore si allontana dalla fisica e introduce sempre più speculazioni metafisiche.