DDT

 

Le sostanze chimiche possono richiedere anni per rivelare il loro potere insidioso, e quindi per decenni gli scienziati hanno messo insieme, studio dopo studio, le ragioni per cui il DDT perseguita l’umanità ancora oggi.

 

Prima è stato il cancro al seno nelle donne che sono state esposte a questa sostanza chimica che sconvolge gli ormoni negli anni ’50 e ’60. Poi le loro figlie, che erano state esposte nel grembo materno. I ricercatori nel corso degli anni hanno anche collegato l’esposizione al DDT all’obesità, ai difetti alla nascita, alla ridotta fertilità e al cancro ai testicoli nei figli.

Ora, un team di tossicologi, biologi molecolari ed epidemiologi dell’UC Davis e del Public Health Institute di Oakland ha confermato per la prima volta che le nipoti di donne che sono state esposte al DDT durante la gravidanza soffrono anche di significative minacce per la salute: tassi più elevati di obesità e periodi mestruali che iniziano prima degli 11 anni. Entrambi i fattori, dicono gli scienziati, possono mettere queste giovani donne a maggior rischio di cancro al seno, così come ipertensione, diabete e altre malattie.

“Questa è un’ulteriore prova che non solo una donna incinta e il suo bambino sono vulnerabili alle sostanze chimiche a cui è esposta, ma lo sono anche i futuri nipoti”, dice Barbara Cohn, direttrice degli studi sulla salute e lo sviluppo infantile del Public Health Institute. Studi che riguardano un progetto di ricerca multigenerazionale in California che ha seguito più di 15.000 donne incinte e le loro famiglie dal 1959.

I risultati arrivano in un momento di rinnovato interesse pubblico per il DDT, un problema che era stato in gran parte nascosto in un capitolo sbiadito della storia. Le preoccupazioni si sono intensificate da quando the Times ha riferito lo scorso autunno che il più grande produttore nazionale di DDT una volta scaricava mezzo milione di barili dei suoi rifiuti nelle profondità dell’oceano. Il pesticida, ora vietato, è così stabile che continua ad avvelenare l’ambiente e a contaminare la catena alimentare. Quantità significative di composti correlati al DDT si stanno ancora accumulando nei delfini della California meridionale e un recente studio ha collegato la presenza di queste sostanze chimiche persistenti a un cancro aggressivo nei leoni marini.

Per quanto riguarda gli esseri umani, Linda Birnbaum, che, come ex direttrice del National Institute of Environmental Health Sciences e del National Toxicology Program, ha seguito questi studi multigenerazionali con grande interesse, avverte: “Molte persone vogliono pensare che i problemi con il DDT siano scomparsi, perché il Congresso lo ha vietato nel 1972. Beh, non è così. Quando le figlie delle donne esposte restano incinta, pur essendo molto tempo dopo il divieto del DDT, portano dentro di sé un’eredità tossica. I segni del problema”.

Più di 60 anni fa, nel periodo d’oro del DDT, un team di scienziati ha avuto la lungimiranza di iniziare a raccogliere campioni di sangue da più di 15.000 donne incinte all’ospedale Kaiser di Oakland. In ogni trimestre e anche poco dopo la nascita, ogni donna ha fornito un campione che è stato studiato e archiviato con cura. I ricercatori hanno testato il sangue per il DDT, il diclorodifeniltricloroetano, annotato i risultati e continuato a tenersi in contatto con le figlie delle donne, che erano state esposte al DDT nel grembo materno, e poi anche con le loro nipoti. Così hanno scoperto, dopo anni di studio, che le donne fortemente esposte al DDT durante l’infanzia hanno cinque volte più probabilità di sviluppare il cancro al seno e che l’esposizione al DDT di una madre durante la gravidanza, o immediatamente dopo la nascita, è legata a un aumento del rischio di cancro al seno per la figlia. Le figlie hanno anche maggiori probabilità di ritardi nella gravidanza. Poi, in uno studio appena pubblicato sulla rivista Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention, il team di ricerca ha scoperto che il rischio di obesità nelle nipoti, che ora hanno 20 e 30 anni, era da due a tre volte maggiore rispetto alle coetanee le cui nonne avevano poco DDT nel sangue durante la gravidanza. E le nipoti con eredità tossica avevano anche il doppio delle probabilità di avere periodi mestruali molto precoci, un altro indicatore dell’aumento di futuri rischi per la salute.

Questa esposizione persistente e generazionale è probabilmente correlata al sistema riproduttivo, spiega Barbara Cohn. Poiché una femmina nasce con tutte i suoi ovociti, una nipote è tecnicamente esposta anche al DDT se sua madre è stata esposta nel grembo materno. “Anche se abbiamo vietato quella roba più di 40 anni fa, le nipoti di coloro che erano incinte all’epoca risultano come se fossero state esposte”. E Cohn si chiede anche, ma per ora non ha conferme, se i crescenti tassi di cancro infantile, diabete e altri problemi di salute che affliggono i giovani di oggi siano in qualche modo collegati a queste sostanze chimiche del passato. “È il pieno significato di ciò che è definito una sostanza chimica per sempre”.

Bruce Blumberg, professore di biologia dello sviluppo e delle cellule all’UC Irvine, ricorda ancora i camion che spruzzavano enormi quantità di DDT in fattorie e quartieri. Blumberg ora studia come le sostanze chimiche nell’ambiente possano influenzare i nostri geni e predisporre le persone all’obesità, che colpisce circa il 42% degli americani oggi. Conduce esperimenti di laboratorio sui topi per rispondere alle molte domande che gli scienziati non sono stati in grado di testare sugli esseri umani. Ecco perché lo studio multigenerazionale in corso potrebbe offrirgli importanti risposte. Potrebbe fornire i dati osservazionali umani di cui c’è tanto bisogno e che sono incredibilmente difficili da trovare. “Se siamo fortunati, quella coorte di donne contaminate continuerà per quattro, cinque, sei generazioni – è la speranza di Blumberg – e impareremo davvero qualcosa sugli effetti sul futuro di ciò che è successo in passato”. Il DDT non è più permesso, ma ora da studiare vi sono altre sostanze chimiche ancora ammesse come il bisfenolo A (BPA) e i polifluoroalchiliche (PFAS).