Trovata una molecola in grado di proteggere la mielina agendo sul recettore GPR17.

 

La sclerosi multipla (SM) è una malattia cronica, infiammatoria e autoimmunitaria del sistema nervoso centrale (SNC) caratterizzata da un progressivo deterioramento della mielina, il rivestimento che protegge i neuroni e ne permette il funzionamento. Il danno mielinico porta infatti a disfunzioni neuronali, compromissione della comunicazione tra neuroni e disabilità neurologiche progressive. Mentre il danno alla mielina viene riparato piuttosto efficacemente durante le prime fasi della malattia, grazie alla presenza, nel sistema nervoso adulto di cellule che sono i precursori degli oligodendrociti (OPC), durante la cronicizzazione della SM, la capacità di riparazione della mielina (“rimielinizzazione”) viene progressivamente persa, e i pazienti manifestano sintomi neurologici sempre più gravi e irreversibili.

I trattamenti attualmente disponibili controllano principalmente l’infiammazione e modulano la risposta immunitaria dei pazienti, ma non sono ancora disponibili farmaci rimielinizzanti.

Lo studio pubblicato in questi giorni sulla rivista scientifica PLoS ONE, riporta i risultati sull’attività di protezione della mielina in vivo di galinex, un composto di sintesi che agisce specificamente su GPR17, un recettore espresso dagli OPC.

Diversi anni fa, abbiamo scoperto che l’attivazione di GPR17 sugli OPC in coltura da parte di ligandi agonisti induceva le cellule a iniziare la maturazione e a produrre mielina, sollevando l’ipotesi che i composti selettivi per GPR17 potrebbero favorire la rimielinizzazione nella SM, facendo ripartire così la trasmissione degli impulsi nervosiha commentato la professoressa Maria Pia Abbracchio, farmacologa all’Università degli Studi di Milano, dove è stata avviata la ricerca su GPR17. “Ma” aggiunge,” per dimostrare che ciò potesse effettivamente accadere in vivo, avevamo bisogno di sviluppare una molecola agonista altamente specifica per il recettore GPR17“.

A questo scopoafferma il professor Ivano Eberini, biochimico computazionale della stessa Universitàabbiamo sviluppato una pipeline per lo sviluppo di nuovi farmaci, grazie alla quale abbiamo saggiato virtualmente oltre 1.000.000 di composti chimici su un modello strutturale di GPR17. Questo approccio è partito dall’identificazione di 3 diverse famiglie di ligandi che, in collaborazione con l’Università di Pisa e di Aptuit di Verona, sono state poi “esplose” – cioè, variate attraverso metodi di chimica combinatoriale in silico – e quindi ottimizzate per poi valutarle su cellule che esprimevano GPR17. Le molecole più potenti nell’attivazione del recettore sono state quindi sottoposte a test su colture cellulari di OPC e neuroni, per valutare la loro capacità di promuovere la formazione di mielina e, infine, selezionate per il test in vivo sull’encefalomielite autoimmune sperimentale, un modello sperimentale di SM”.

Gli esperimenti in vivo sono stati progettati da Chiara Parravicini, prima autrice dell’articolo, insieme ai biologi molecolari e farmacologi Davide Lecca e Davide Marangon. “Uno dei migliori agonisti del GPR17, il galinex, aveva mostrato promettenti proprietà farmacocinetiche e metaboliche nelle simulazioni al computer ed è stato per questo motivo scelto per i test in vivoafferma Chiara Parravicini. “Come previsto“, dichiara, “galinex si è dimostrato in grado di ritardare significativamente la comparsa dei sintomi durante l’induzione della malattia nel modello sperimentale”. In parallelo, si sta procedendo allo sviluppo, ottimizzazione e alla caratterizzazione del profilo farmacologico di nuovi composti totalmente originali, sempre appartenenti alle famiglie chimiche in studio.

Questo studio è stato finanziato dalla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla che sostiene da 10 anni le ricerche sul ruolo del recettore di GPR17 nella sclerosi multipla.  “La collaborazione tra la Fondazione Italiana SM e l’Università di Milano ha portato a questo importante risultato che apre la strada a nuove molecole per trattare la malattia”, dichiara Paola Zaratin direttore ricerca scientifica della Fondazione.

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