Qui nessuna persona è stata infettata; i ricercatori vogliono scoprire il perché.

 

Nessun caso di coronavirus in Ogliastra, nella costa orientale della Sardegna, terra di centenari e una delle cinque “blu zone” del mondo. Il virus da queste parti sembra non voler attecchire, vuoi per la bassa densità demografica, vuoi per il distanziamento sociale attivo già dai tempi pre-epidemia. Ma c’è anche chi sostiene che ci sia un nesso con gli anticorpi della malaria presenti in larga parte della popolazione, teoria per il momento non confermata dagli studiosi.

Ma è più di una teoria per la ricercatrice del CNR Stefania Ruju che per prima ha connesso diversi dati riguardo alla resistenza al virus della Covid-19 di alcune aree della Sardegna e dei centenari dell’isola. Fino a predisporre un progetto di studio in grado di portare risposte utili alla scienza e alla battaglia contro il coronavirus. Stefania Ruju lo ha raccontato a Cronache di Scienza online e al Corriere dello Sport-Stadio molto prima degli articoli apparsi ieri sul Messaggero e sull’Unione Sarda nei quali Francesco Cucca, professore di genetica medica dell’università di Sassari e ricercatore di Progenia che studia il Dna degli ogliastrini, riguardo al nesso tra il virus e una certa immunità genetica, forse derivata dagli adattamenti difensivi sviluppatisi nei sardi per combattere la malaria, non si sbilancia: “Al momento siamo concentrati sull’emergenza in Sardegna ed è ancora presto per trarre conclusioni di questo tipo. Studieremo meglio questi aspetti quando sarà il momento. Adesso bisogna tenere alta la guardia per evitare che il virus si sviluppi nella nostra isola e restare a casa”.

Ma forse andrebbero studiati subito perché se esiste un’arma difensiva naturale va individuata e se possibile studiata per derivarne un’arma utile a tutti. Cosa che stanno facendo già da un mese i ricercatori in un’altra isola famosa per peculiarità genetiche della sua popolazione, l’Islanda. Il governo islandese e l’azienda biotech locale stanno sottoponendo l’intera popolazione a test sierologici proprio per individuare eventuali immunità genetiche.

Quindi, potrebbe esserci una protezione dal virus che non può derivare da un’immunizzazione acquisita essendo Covid-19 un virus nuovo ma probabilmente frutto di modifiche genetiche avvenute in passato per sopravvivere ad altre malattie letali, come in Sardegna è stata la malaria. Piaga che ha coinvolto molti popoli mediterranei, che quindi potrebbero manifestare maggiore resistenza al Covid-19.  Ipotesi questa che dovrebbe mettere subito in moto la scienza anche ai fini di una riapertura delle attività lavorative, economiche: sapere di avere persone che naturalmente non si ammalano, significa partire già con un potenziale di ripresa più elevato. In fin dei conti persone simili esistevano anche all’epoca dell’incurabile peste nera di manzoniana memoria: i “monatti” che lavoravano perché immuni, non si ammalavano e il perché nel 1630 era impensabile scoprirlo.

La Sardegna per esempio potrebbe essere la Regione che torna prima in attività. E comunque individuare qual è lo scudo può servire anche a individuarlo in altre persone, in Italia e all’estero. Si ipotizza sia nella mutazione genetica anti-malaria che porta al difetto metabolico causa del “favismo”. Le donne ne sono portatrici, gli uomini ne sono più affetti perché è una mutazione nel cromosoma femminile X che negli uomini è uno solo, e quindi se mutato si esprime al 100%. E chissà se questo non sia anche il motivo della prevalenza di centenari maschi che caratterizza l’isola. Gli anziani secolari.

I fatti. La Sardegna è una delle Regioni d’Italia meno colpite dall’epidemia di coronavirus. Anzi in alcune aree non si è registrato proprio nessun caso positivo. È di 74 anni l’età media delle persone morte nell’isola per coronavirus. Il più giovane aveva 42 anni, il più anziano 91. Nessun centenario. Altri fatti: i farmaci in sperimentazione in tutto il mondo sono quelli nati per combattere i virus, ma anche quattro nati e utilizzati per curare o alleviare altre patologie. La malaria, l’artrite reumatoide, il diabete, la sclerosi multipla (interferone beta). Ed ecco di che cosa soffrono di più i sardi rispetto al resto d’Italia: malaria in un lontano passato e favismo mediterraneo oggi, artrite reumatoide, sclerosi multipla. Un caso? “Forse no – dice Stefania Ruju, ricercatrice in biomedicina del CNR -, vale la pena indagare e presto”. Il favismo, per esempio, è un’alterazione di natura genetico-ereditaria nella produzione di un enzima del metabolismo dello zucchero, glucosio (di qui anche l’attenzione ai farmaci per il diabete di tipo 2 nell’affrontare il Covid-19).

Che cosa fare allora per sapere se esiste un’immunità naturale o comunque un’infezione senza sintomi (e questo è importante per sapere se un asintomatico può infettare altri)?

“Vedere la risposta del sistema immunitario con la tipizzazione linfocitaria (cioè vedere quali cellule di difesa si attivano e di quale tipo, informazioni fondamentali per dare risposte alle ipotesi). Quindi, test sierologici, tipizzazione delle immunoglobuline IgG e IgM per distinguere se è un contagiato iniziale e se è un asintomatico. Al San Martino di Genova, per esempio, lo stanno facendo. Associato alla misurazione delle IgM, il tampone faringeo”, risponde la Ruju. Perché sottolinea faringeo? “Perché si stanno facendo tamponi diversi a livello nazionale, alcuni nasali altri faringei. Ma il virus replicante a livello nasale potrebbe non essere trovato e quindi dare un risultato negativo, nella faringe invece c’è sempre. Oggi sappiamo con certezza che il virus replicante non c’è nel sangue e nelle urine, mentre nelle feci si può trovare Rna del virus ma non il virus replicante. Nel naso, Rna ma rare tracce del virus replicante, quindi il tampone può risultare negativo. Soltanto il tampone faringeo è perciò attendibile”.

Chi sono i “favici”? “Sono individui che esprimono una forte carenza dell’enzima G6PD (enzima glucosio 6 fosfato deidrogenasi, il cui gene è sul cromosoma X, le donne che come assetto cromosomico sono XX possono essere portatrici ma non affette da favismo se una X è sana, gli uomini se figli di portatrici sono malati. Maggiormente colpiti da favismo ma meno colpiti da Covid-19, pur essendo uomini”, spiega la ricercatrice CNR, che propone uno studio attraverso questionari associabili a kit sierologici.

Stefania Ruju, quindi, risponde alla domanda iniziale sulla “resistenza” al virus dei centenari sardi: “La maggior parte dei centenari sardi è carente nell’enzima G6PD”.

Del favismo esiste una variante mediterranea (la più alta percentuale in Sardegna) e una variante africana. E chissà se non è questa la risposta anche agli immigrati di colore che non si ammalano gravemente e all’Africa che preoccupa molto l’OMS ma che finora non sembra subire nei numeri l’effetto pandemico. La ricercatrice del CNR conclude: “Abbiamo oggi la grande possibilità in Sardegna di misurare la reazione esagerata al virus, l’alterazione nel rapporto tra i vari linfociti, di individuare chi può tornare a contagiare, quale immunità persiste dopo un mese, due mesi… eccetera. Così programmare una riapertura delle attività regolamentata, in sicurezza”. Una proposta che il governo dovrebbe cogliere al volo per far partire uno studio il prima possibile. Studio che potrebbe dare risposte scientifiche utili a tutto il mondo.

 

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