Cme le misure anticontagio possono influire sulla nostra mente.
La pandemia da coronavirus che sta colpendo il pianeta in questo inizio del 2020 vede molti Paesi costretti a chiedere alle persone che sono potenzialmente venute a contatto con l’infezione di isolarsi a casa. The Lancet ha proposto una revisione dell’impatto psicologico della quarantena utilizzando tre database elettronici in cui ha individuato 3.166 articoli sul tema.
Il confinamento domestico imposto è stato correlato a effetti psicologici negativi con sintomi di stress post-traumatico, confusione e rabbia, frustrazione a cui si accompagnano noia, stress causato da informazioni inadeguate sull’emergenza sanitaria, il timore di perdite finanziarie e del posto di lavoro e stigmatizzazione dei soggetti contagiati con effetti anche a lungo termine. Portando anche a morti causate dall’isolamento. E non intendo suicidi. Perchè numerosi studi hanno dimostrato che nei momenti storici più duri, come guerre e carestie, il numero di suicidi crolla vertiginosamente.
La ragione è che nella mente si attiva uno spiccato istinto di sopravvivenza. L’isolamento imposto dal Coronavirus è invece diverso: ci mette a confronto con il tempo disponibile al quale non siamo più abituati. Il rischio è che lo spazio mentale acquisito e il tempo per usarlo venga usato male, alimentando paure (comprensibili ma che non devono diventare pervasive) e pensieri catastrofici sul futuro. Il tutto trova in Italia un catalizzatore nella massa di informazioni e disinformazioni che ora abbiamo il tempo di ascoltare, leggere o cliccare sui social e cadenzato ogni giorno dal bollettino-mantra di Angelo Borrelli alle ore 18. A cui non possiamo sfuggire da popolo abituato agli oroscopi dei vari Fox e Branko.
Ora anche il bollettino di Borrelli entra nel nostro isolamento. Il tempo ritrovato andrebbe invece utilizzato per allenare il cervello, lasciare spazio alla fantasia e alla progettualità. Anche I castelli in aria sono ammessi come salvaguardia psico-fisica.
In situazioni in cui la quarantena è ritenuta necessaria, le istituzioni – scrive Lancet – dovrebbero quindi imporre restrizioni per un periodo non superiore a quello necessario e fornire spiegazioni chiare sui motivi e i protocolli adottati.
Il focolaio di COVID-19 che si sta diffondendo ad ogni latitudine ha visto intere città, della Cina prima e dell’Italia poi, poste sotto quarantena di massa, con molte migliaia di persone isolate in casa. Precedenti analoghe misure sono state messe in atto da Cina e Canada nel 2003 durante l’epidemia da sindrome respiratoria acuta grave (SARS), mentre interi villaggi in molti paesi dell’Africa occidentale sono stati messi in quarantena durante il contagion da Ebola del 2014.
Il distanziamento sociale previene le infezioni, quindi, ma può avere conseguenze indesiderate sui singoli.
In risposta alla pandemia di coronavirus, le autorità sanitarie hanno chiesto, prima gentilmente poi imposto, al genere umano di fare qualcosa che non gli è naturale: stare lontano l’uno dall’altro. Tale allontanamento sociale – evitando grandi incontri e stretti contatti con gli altri – è cruciale per rallentare la diffusione del virus e impedire che il nostro sistema sanitario venga sopraffatto. Ma tutto ciò ha conseguenze psico-fisiche. “Il coronavirus che si sta diffondendo in tutto il mondo ci sta chiamando a sopprimere i nostri impulsi profondamente umani e evolutivamente legati alla connessione: vedere i nostri amici, riunirci in gruppo o toccarci a vicenda”, dice a ScienceInsider Nicholas Christakis, medico e sociologo dell’università di Yale. Lui normalmente tratta persone con disturbi sociopatici.
E il distanziamento sociale mette alla prova anche la capacità umana di cooperazione, aggiunge. “Le pandemie sono un test particolarmente impegnativo … perché non stiamo solo cercando di proteggere le persone che conosciamo, ma anche le persone che non conosciamo o che forse non ci interessano”.
Ma quali sono gli effetti del distanziamento sociale, per ora a breve termine, ossia per un tempo che tutti augurano limitato?
Esaminando la letteratura scientifica al riguardo per ora non sono stati ben studiati. Ma navigando sul computer, in tempi di smart working obbligato, abbiamo trovato risposte ad alcune domande che qui personalizziamo come in una intervista reale sugli impatti psicologici, psicosomatici, e come cercare di stemperarli. Risposta comune: quando occorre mettere in campo gli psicologi, a distanza, e infondere un antidoto: l’ottimismo.
Che cosa si sa degli effetti sulla salute mentale e fisica?
Per lunghi periodi di tempo, l’isolamento sociale può aumentare il rischio di una varietà di problemi di salute, tra cui malattie cardiache, depressione, demenza e persino la morte. Una metanalisi del 2015 della letteratura scientifica di Julianne Holt-Lunstad, psicologa presso la Brigham Young University, ha determinato che l’isolamento sociale cronico aumenta il rischio di mortalità del 29%. Ciò può essere dovuto al fatto che i contatti sociali possono attenuare gli effetti negativi dello stress. Gli studi di laboratorio individuati nella metanalisi di Holt-Lunstad hanno scoperto che avere un amico presente, vicino, può ridurre la risposta cardiovascolare di una persona a un compito stressante. Esiste persino una correlazione tra la connessione sociale percepita e le risposte allo stress. “Solo sapere che hai qualcuno su cui contare se necessario è sufficiente per smorzare alcune delle risposte psicofisiche allo stress, anche se quella persona non è fisicamente presente”, dice Holt-Lunstad.
Effetti analoghi potrebbero essere causati dall’isolamento sociale impostoci dalla pandemia?
La risposta potrebbe essere diversa per chi è già abituato a vivere isolato e solo, e in questo caso potrebbe esserci un aggravamento della situazione, e per chi vive socialmente inserito e ora invece si trova a doversi sconnettere dalla società. Interessante è vedere che i social media aiutano, ma potrebbero alla fine non bastare. Quindi la reattività organica a una causa stressogena, quale può essere l’isolamento sociale, potrebbe alla fine manifestarsi nel modo peggiore, soprattutto se l’isolamento è prolungato o se la mente innesca la paura che non finirà mai.
È stress post-traumatico?
Questo si può sviluppare in situazioni di isolamento, ma soprattutto dopo. Nel momento del ritorno alla normalità. Potrebbe manifestarsi soprattutto dopo un lungo periodo di distacco sociale.
Alcune persone o popolazioni hanno maggiori probabilità di essere colpite?
Le persone di tutte le età sono sensibili agli effetti negativi dell’isolamento sociale e della solitudine, Ma un recente rapporto della National Academy of Sciences evidenzia alcuni motivi per cui le persone anziane possono essere più sensibili: la perdita di familiari o amici, malattie croniche e menomazioni sensoriali, come la perdita dell’udito che può rendere più difficile l’interagire.
C’è comunque un’enorme variazione individuale nella capacità di gestire l’isolamento sociale e lo stress. È non tutti stanno affrontando la situazione con lo stesso livello di salute mentale. Qualcuno è particolarmente vulnerabile perché ha già problemi di ansia sociale, depressione, solitudine, abuso di sostanze, o altri problemi di salute. In questi casi occorrerebbe un monitoraggio continuo anche a distanza. Un contatto anche più volte al giorno.
“Nel complesso, tuttavia, le persone sono straordinariamente resistenti. E molti hanno sopportato situazioni molto peggiori”, scrive Chris Segrin, uno scienziato comportamentale dell’Università dell’Arizona Segrin che sul web indica casi di studio di prigionieri statunitensi durante la guerra del Vietnam che erano confinati in minuscole celle chiamate “gabbie da tigre”, a volte in acqua fino al mento. Rafforzarono in buona parte una difesa per proteggere la loro salute psicologica a lungo termine: l’ottimismo. I prigionieri che hanno sempre creduto di sopravvivere nonostante tutto e che alla fine i loro commilitoni avrebbero vinto la guerra e li avrebbero liberati, hanno alla fine salvaguardato una migliore salute mentale o limitato gli effetti dello stress post traumatico.
La tecnologia può aiutare a compensare alcuni aspetti negativi del distanziamento sociale?
Messaggi di testo, e-mail e app come Skype e FaceTime possono sicuramente aiutare le persone a rimanere in contatto. Siamo fortunati a vivere in un’era in cui la tecnologia ci permetterà di vedere e ascoltare i nostri amici anche a distanza.
E le persone che reagiscono cantando e suonando dai balconi e dalle finestre aperte per tenere alto lo spirito.
“Questo è il tipo di cosa di cui abbiamo bisogno”, risponde Robin Dunbar, psicologo evoluzionista dell’Università di Oxford, alla stampa inglese che gli chiede un giudizio sui balconi italiani. E aggiunge: “Ma forse solo gli italiani hanno il coraggio e il talento per farlo senza essere imbarazzati”.