Una proteina sensibile alla luce può ripristinare la funzione dei mitocondri nei moscerini della frutta portatori di una mutazione genetica associata al morbo di Parkinson e alleviarne i sintomi.
Una proteina sensibile alla luce può ripristinare la funzione dei mitocondri nei moscerini della frutta portatori di una mutazione genetica associata al morbo di Parkinson e alleviarne i sintomi, secondo quanto pubblicano i ricercatori dell’Università di Juntendo (Giappone) sulla rivista Communications Biology. I risultati forniscono una “prova” sperimentale per studiare questo potenziale trattamento per il morbo di Parkinson.
Si stima che la malattia di Parkinson colpisca 10 milioni di persone in tutto il mondo, con una prevalenza di quasi 2 su 100 tra le persone di età pari o superiore agli 80 anni. Si ritiene che l’insufficienza funzionale nei mitocondri (noti come le centraline energetiche delle cellule) porti a molti sintomi della malattia, che incidono principalmente sulla mobilità con conseguente agitazione, lentezza e rigidità, ma includono anche una serie di sintomi fisici, cognitivi e psicologici come dolore di origine nervosa, vertigini, demenza e depressione.
Yuzuru Imai e Nobutaka Hattori, della Juntendo University, e loro colleghi dell’Università di Shizuoka e Waseda hanno sviluppato una proteina attivata dalla luce, chiamata mito-Delta-rodopsina (mito-dR) che è in grado di ripristinare la funzione dei mitocondri in moscerini della frutta modificati in modo da essere un modello per il Parkinson umano.
Precedenti ricerche erano arrivate ad indicare le mutazioni del gene che codifica le proteine CHCHD2 come causa della malattia, oltre a identificare un numero di processi cellulari alterati nel Parkinson. In termini di processi di generazione di energia, la produzione di ATP (che è la “benzina” del motore cellulare) è ridotta e aumenta la produzione di radicali liberi. Altri cambiamenti includono un accumulo di α-sinucleina, una proteina che si trova principalmente sugli assoni dei neuroni, e una mancanza di buffering dei livelli di ioni Ca2+ che sono quelli che trasferiscono i segnali dal sistema nervoso e, infine, una perdita di neuroni dopaminergici.
Come modello per studiare la malattia, Imai, Hattori e colleghi hanno usato Drosophila (la mosca della frutta) dove l’analogo della mosca del gene umano CHCHD2 è stato reso non operativo (eliminato). Hanno scoperto che la riduzione della produzione di ATP, l’aumento dei prodotti reattivi all’ossigeno, l’accumulo di α-sinucleina e la perdita del buffering di Ca2+, nonché la perdita di neuroni sono tutti risultati dalla modificazione genetica.
Nella Drosophila come nell’uomo. A questo punto hanno provato a far produrre la proteina attivata dalla luce. Le funzioni mitocondriali implicano l’interazione di complessi cicli di reazione, processi redox e forze elettrochimiche. Nella speranza di ripristinare le funzioni perse, i ricercatori hanno esaminato gli effetti quando le mosche sono state trattate con i mitocondri progettati per esprimere una proteina trasportatrice di protoni attivata dalla luce, la Delta-rodopsina mitocondriale. Hanno scoperto che con l’esposizione alla luce le funzioni dei mitocondri sono state ripristinate nelle mosche che esprimono questa proteina nei mitocondri cellulari.
Hanno anche notato gli effetti benefici sulle funzioni mitocondriali dei terminali dopaminergici, aumento della produzione di dopamina, attività locomotoria e comportamento nel volo. In altre parole, un ripristino delle funzioni perse con l’eliminazione del gene CHCHD2. Le stesse funzioni non sono state ripristinate nei controlli che esprimono mito-Delta-rodopsina progettata per non rispondere alla luce. Confermando così sperimentalmente che l’azione della proteina attivata dalla luce, e non la luce stessa, era responsabile dei recuperi osservati. I ricercatori concludono che i risultati forniscono una “prova” per una potenziale strategia terapeutica per il morbo di Parkinson.