Scienziati americani e cinesi sono riusciti a quintuplicare la vita dell’animale alterando geneticamente due meccanismi di segnalazione cellulare.
Vivere una vita cinque volte più lunga si può. Almeno: ci riesce un piccolo verme lungo mezzo millimetro grazie a una mutazione genetica indotta dagli scienziati. Ricercatori cinesi e americani infatti hanno prolungato l’esistenza di Caenorhabditis elegans, animale spesso usato in ricerche di laboratorio perché condivide una parte di patrimonio genetico con l’uomo, ma è ovviamente più facile da studiare.
Caenorhabditis elegans normalmente vive dalle tre alle quattro settimane, ma gli scienziati sono riusciti a incrementare la sua vita fino a quattordici settimane, vale a dire cinque volte di più. Negli esseri umani tale prolungamento equivarrebbe a vivere più di 400 anni.
Questo traguardo potrà essere utile per sviluppare combinazioni di terapie per rallentare l’invecchiamento umano, proprio come avviene coi trattamenti combinati per HIV e per il cancro.
Ma come sono riusciti i ricercatori in tale impresa? È stata introdotta una doppia mutazione genetica in due meccanismi di segnalazione cellulare, cioè due percorsi distinti che usano le cellule per comunicare tra loro, in particolare quello dell’insulina (che connette metabolismo, livelli di nutrienti, crescita e longevità) e quello denominato TOR, controllore centrale della crescita e invecchiamento cellulare.
Precedenti ricerche su Caenorhabditis elegans avevano mostrato che alterazioni di questi due meccanismi portavano rispettivamente a un raddoppio ed a un aumento della vita del verme del 30%. La novità adesso è che sono stati modificati simultaneamente, ma sorprendentemente non si è ottenuto una somma matematica delle percentuali (130%) bensì un valore di longevità cinque volte superiore.
“Molto probabilmente una stessa alterazione simultanea di questi meccanismi nell’uomo non porterà ad un aumento della vita fino a cinque volte, poiché siamo esseri viventi molto più complessi e con sistema cardiovascolare e nervoso molto più sviluppati” sostengono i ricercatori.
“Però se si riuscisse a replicare questa sinergia nell’uomo potremmo sviluppare farmaci per migliorare l’invecchiamento” aggiungono. Infatti uno dei trattamenti più promettenti per rallentare l’invecchiamento allo studio prevede l’uso di metformina (farmaco usato dai diabetici) che agisce proprio in uno dei meccanismi di comunicazione cellulare coinvolti nella ricerca.