Un altro ex campione di serie A deceduto a seguito della patologia. Scopriamo cosaè e come distrugge il sistema nervoso.
Parte da un braccio o una gamba che formicola, poi come un “parassita” conquista via via tutti i muscoli del corpo colpendo i neuroni neuro-motori. Infine lascia funzionante coscienza e intelligenza, ma le imprigiona in una gabbia senza possibilità di espressione.
La gabbia è il corpo stesso, quel corpo che agile e scattante giocava a pallone, e bene, in alcuni dei malati di Sclerosi laterale amiotrofica (Sla). Alcuni. Ma non pochi, tanti da completare due squadre, panchine incluse. Può essere fulminante, la cui sopravvivenza media è tra i 3 e i 5 anni, o a lenta agonia: 10-15 anni di sopravvivenza media.
Ultimo campione aggregato alla squadra della Sla è Giovanni Bertini, un ex difensore, di quelli tosti, degli anni ’70. Si è spento a 68 anni, aveva vestito le maglie Roma, Arezzo, Taranto, Ascoli, Fiorentina e Catania (la squadra con cui aveva giocato di più, collezionando 84 presenze) prima di chiudere la carriera, nel 1982, nel Benevento.
Nato nel gennaio ’51, a Bertini venne diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica nel giugno 2016. La squadra di campioni professionisti della Sla si arricchisce così della 32ma vittima dagli anni ’60 a oggi (Borgonovo e Signorini i più famosi).
Quaranta calciatori se si parte dal 1941. Uno studio scientifico portato avanti negli scorsi mesi dall’Istituto Mario Negri di Milano ha evidenziato che nel mondo del calcio i malati di Sla sono 6 volte di più rispetto alla popolazione generale. A queste conclusioni i ricercatori milanesi sono giunti dopo aver spulciato i curricula di oltre venticinquemila ex calciatori professionisti italiani, in attività durante un periodo lungo quarant’anni: tra il 1959 e il 2000.
L’analisi dei loro trascorsi, incrociata ai dati clinici di chi ha sviluppato la Sla, ha permesso ai ricercatori di avere la conferma di quella che era soltanto un’ipotesi: i calciatori convivono con un rischio più alto di ammalarsi, che preoccupa soprattutto in ragione dell’assenza di cure efficaci.
La Sla è una malattia degenerativa che attacca il sistema nervoso centrale portando alla perdita di funzioni vitali. Tante le concause, a partire da una predisposizione genetica (ma non in tutti). Lo studio ha evidenziato che tra le cause scatenanti potrebbero esserci i traumi ripetuti e l’eccessivo uso di antiinfiammatori.
Sotto accusa in passato anche l’abuso di due medicinali: il micoren e il cortex. Il micoren è un coadiuvante negli stati di affaticamento respiratorio, mentre il cortex aumenta la capacità muscolare. Tra le cause della Sla potrebbero esserci anche i diserbanti e i pesticidi usati nel trattamento dell’erba del campo da gioco.
L’incidenza media della malattia è di 1,7 casi ogni centomila abitanti, tra i calciatori italiani arriverebbe fino a 3,2. Di certo questi calciatori sono accomunati da uno stesso destino: aver calcato per anni i campi da calcio ed essersi ammalati di Sla, la più aggressiva tra le malattie che possono colpire i motoneuroni.
Inevitabilmente il quesito si ripropone: è l’aver giocato a calcio ad aver fatto ammalare (e morire) questi uomini?
“Non credo – dice Nilo Riva, del San Raffaele di Milano, uno dei massimi esperti italiani di Sla -, o meglio non basta per farlo dire. Lo sport in alcuni casi, sappiamo oggi, è addirittura preventivo. Di certo la Sla è una malattia multifattoriale, con una componente di cause genetiche e un’altra non meno importante ambientale”.
L’ultimo a «pagare» il pegno alla Sla prima di Bertini è stato Marco Sguaitzer, morto a 60 anni. Gianluca Signorini fu il primo (2002), Stefano Borgonovo (2013) probabilmente il nome più noto. Nel mezzo tanti altri. Eccone alcuni: Adriano Lombardi (ex Como, stessa squadra in cui avevano militato pure Borgonovo e Canazza), Armando Segato (primo ex calciatore a vedersi diagnosticata la Sla nel 1968), Paolo List, Lauro Minghelli (il più giovane, scomparso a soli 31 anni), Ernesto Tito Cucchiaroni morto nel 1971 in un incidente stradale quando era già malato, Emst Ocwirc, Giorgio Rognoni, Narciso Soldan, Guido Vincenzi, Albano Canazza, Celestino Meroni, Ubaldo Nanni, l’arbitro Giovanni Nuvoli, Maurizio Gabbana.
“Il fatto che una buona parte abbiano giocato nello stesso periodo può darci un dato nuovo da investigare, ma è anche vero che nella maggior parte dei casi la malattia già è presente e si manifesta a 50-60 anni. Per ora incurabile, ma la ricerca sta facendo notevoli passi avanti nell’inquadrare i tipi diversi di malattia, le molteplici concause, i meccanismi, geni e ambiente. E sono in sperimentazione terapie geniche per alcuni sottotipi del male”.
Ma dagli ex calciatori vittime di questa implacabile degenerazione dei neuroni motori possono venire spunti di studio? “Certo, sarebbe importante fare uno studio internazionale e indipendente che riguardi tutti i Paesi e anche sport diversi. Per capire per esempio perché calcio sì e basket no”, Nilo Riva lancia la proposta. Qualche federazione sportiva dovrebbe raccoglierla. Per esempio il Coni.
(Mario Pappagallo per Il corriere dello sport)