
Credit: Duke University
Attivandolo nei topi, non solo ha arrestato la malattia, ma le ossa hanno iniziato a ricrescere e a ripararsi nei punti deteriorati.
Esiste un modo non solo per arrestare il deterioramento delle ossa dovuto all’osteoporosi, ma anche in grado di far ricrescere il tessuto osseo laddove la malattia lo ha indebolito e consumato.
In pratica, un metodo per invertire il processo di questa malattia che, solo negli Stati Uniti, interessa più di quaranta milioni di persone, prevalentemente donne in post menopausa.
Lo hanno scoperto ricercatori della Duke University, nella Carolina del Nord, e lo hanno testato con successo nei topi.
Si tratta di un recettore della adenosina, una molecola usata per vari scopi nel nostro corpo, che una volta “attivato”, con specifici farmaci, può porre uno stop all’osteoporosi.
“I farmaci attualmente usati per curare questa malattia possono prevenire una ulteriore degradazione ossea, ma non sono in grado di ricostruire le ossa danneggiate” spiegano i ricercatori americani, “invece noi abbiamo trovato un bersaglio che se attivato coi farmaci riesce a fare tutte e due le cose”.
Come agisce l’osteoporosi
Il tessuto osseo, anche se può sembrare inattivo, si deteriora continuamente e viene rimpiazzato dalla crescita di nuovo materiale laddove si è danneggiato.
Quando questo processo non è più bilanciato, cioè quando i vecchi tessuti sono sostituiti molto più lentamente di quanto si consumano, allora si parla di osteoporosi. Come effetto, la malattia rende quindi le ossa deboli e fragili.
La scoperta
Siamo nel 2014 e i ricercatori della Duke stavano studiando un dispositivo biomedico per la riparazione ossea quando scoprono che l’adenosina, agendo su un particolare recettore chiamato A2B, gioca un ruolo fondamentale nella crescita ossea.
L’idea allora è quella di capire se la mancanza di adenosina può essere correlata con lo sviluppo dell’osteoporosi.
Lo studio
I ricercatori hanno quindi investigato l’attività di produzione di adenosina di due enzimi e il livello di questa nelle cellule di topi a cui sono state rimosse le ovaie per simulare la menopausa.
Come previsto, la mancanza di ormoni estrogeni, dovuta alla rimozione ovarica, ha fatto precipitare di netto i livelli di adenosina.
Il passo successivo, come descritto sul numero del 21 agosto della rivista Science Advances che riporta i risultati dello studio, è stato osservare cosa accadeva incrementando nei topi il livello di adenosina.
Ma, invece di iniettarla direttamente nell’organismo – e prevenire così effetti collaterali -, i ricercatori hanno inoculato nelle cavie un farmaco che va a stimolare il recettore A2B.
Risultato: i topi così trattati sono guariti completamente dall’osteoporosi. “Le loro ossa si sono mostrate sane e forte come quelle dei topi nel gruppo di controllo” dichiarano gli scienziati.
Futuri sviluppi
La scoperta è senz’altro una tappa importantissima nel percorso per trovare una cura all’osteoporosi, ma ora gli sforzi sono dedicati nel trovare un farmaco in grado di attivare il recettore A2B senza indurre effetti collaterali.
Infatti non si può semplicemente “pompare” adenosina nel sangue per trattare l’osteoporosi senza aspettarsi effetti avversi.
In questo senso si stanno facendo ulteriori studi alla Duke su come somministrare questa molecola in tutta sicurezza.