Riduce il rischio di progressione della malattia o di morte del 50%. L’anticorpo monoclonale farmaco-coniugato è il primo trattamento anti-HER2 a dimostrare un beneficio in questa popolazione di pazienti. La sopravvivenza globale mediana ha raggiunto 23,4 mesi rispetto a 16,8 con la chemioterapia.

 

 

Nel nostro Paese ogni anno sono diagnosticati 56mila nuovi casi di tumore al seno, per un totale di 835mila donne che, attualmente, convivono con questa patologia. 37mila di loro hanno un carcinoma metastatico.

“Il carcinoma mammario non è una malattia unica”, sottolinea Alessandra Fabi, Responsabile Medicina di Precisione in Senologia, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma.

“Ci sono diversi tipi di questo tumore, tanto che, da qualche tempo, si considerano proprio come malattie differenti, con uno specifico percorso e trattamento”.

Il tumore del seno viene classificato in tre principali sottotipi, fondamentali per definire la prognosi e l’approccio terapeutico.

Uno di questi è il sottotipo dei tumori con recettore 2 del fattore di crescita epidermico umano positivo (HER2+), cioè quelle neoplasie le cui cellule esprimono sulla loro superficie il recettore HER2.

Per tale tipologia tumorale esiste un trattamento biologico, con un anticorpo farmaco-coniugato: “trastuzumab deruxtecan è un farmaco che consiste di un anticorpo monoclonale diretto al recettore HER2, al quale è attaccato un chemioterapico”, spiega Giampaolo Bianchini, Professore associato e responsabile del Gruppo mammella dell’IRCSS Ospedale San Raffaele, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

“Il funzionamento è semplice: il chemioterapico penetra nelle cellule cancerogene e le uccide; ma non solo: agisce anche sulle cellule neoplastiche vicine”, prosegue.

Questo meccanismo d’azione si è dimostrato funzionare anche per quei tumori che mostrano una bassa espressione del recettore HER2, i cosiddetti HER2+ low.

L’espressione viene determinata tramite un test di immunoistochimica (IHC), che misura i livelli della proteina HER2 in una cellula tumorale (i risultati del test IHC sono riportati come 0, 1+, 2+ o 3+), e un test di ibridazione fluorescente in situ (FISH), che conta le copie del gene HER2 nelle cellule tumorali (quest’ultimo viene effettuato solo se si ottiene un punteggio 2+ da test IHC).

Fino al 55% di tutti i tumori al seno esprime livelli bassi di HER2 ed è, pertanto, classificabile come HER2 low. Fino ad oggi questi tumori erano classificati semplicemente come HER2 negativi (cioè, con HER2 non iperespresso) e ricadevano, pertanto, tra i tumori luminali o tra i triplo-negativi, a seconda della presenza o meno dei recettori ormonali”, precisa Michelino De Laurentiis, Direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare, Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli.

L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la rimborsabilità di trastuzumab deruxtecan come monoterapia per il trattamento di pazienti adulti con cancro della mammella HER2 low (HER2 low: IHC 1+ or IHC 2+/ISH-) non resecabile o metastatico, che hanno ricevuto precedente chemioterapia per malattia metastatica o che hanno sviluppato recidiva della malattia durante o entro 6 mesi dal completamento della chemioterapia adiuvante.

A gennaio 2023 trastuzumab deruxtecan è stato approvato dalla Commissione europea in questa indicazione in base ai risultati dello studio di fase 3 DESTINY-Breast04, pubblicati sul New England Journal of Medicine.

“Questa terapia estremamente innovativa supera il dogma, precedentemente definito nel tumore della mammella, per cui le terapie anti-HER2 funzionano solo nei carcinomi HER2 positivi, che esprimono livelli molto alti di questo recettore, espandendo gli orizzonti della cura a pazienti precedentemente escluse dai benefici delle terapie HER2 mirate“, afferma Bianchini.

“Lo studio DESTINY-Breast04 ha coinvolto 557 pazienti, con risultati migliorativi sia in sopravvivenza, sia in qualità della vita rispetto al trattamento con chemioterapia“, aggiunge.

“Trastuzumab deruxtecan ha ridotto del 50% il rischio di progressione rispetto alla chemioterapia e aumentato significativamente la sopravvivenza globale”.

“Il tasso di risposta obiettiva è passato dal 16% della terapia standard al 50% con trastuzumab deruxtecan, con progressione della malattia ridotta a un terzo: significa che una donna su sette, nello studio, è risultata libera da progressione, rispetto alle zero su sette del braccio di controllo E solo una paziente su dieci si è dimostrata non rispondente alla terapia”.

“Inoltre, è stata osservata una sopravvivenza libera da progressione mediana di 9,9 mesi nelle pazienti trattate con trastuzumab deruxtecan rispetto a 5,1 mesi con chemioterapia e l’anticorpo farmaco-coniugato ha ridotto del 37% il rischio di morte, con un miglioramento di oltre 6 mesi della sopravvivenza globale mediana, che ha raggiunto 23,4 mesi con trastuzumab deruxtecan rispetto a 16,8 mesi con chemioterapia”.

“L’impatto di questi risultati è tale da aver meritato da parte della comunità scientifica la ‘standing ovation’ in sessione plenaria al Congresso della Società Americana di Oncologia del 2022. Questo rappresenta un ulteriore importante passo avanti per aumentare tempo e qualità della vita per un numero sempre maggiore di pazienti con malattia metastatica”.

“Lo stato di HER2 low può essere determinato utilizzando il comune test di immunoistochimica: tuttavia, ora diventa estremamente importante identificare esattamente il livello di questa proteina, non solo dichiarare un risultato positivo o negativo, proprio per identificare i tumori HER2 low (HER2 1+ o 2+) rispetto a quelli con assenza completa della proteina HER2 (HER2 0). Per questo è quanto mai necessario il ruolo del team multidisciplinare nella valutazione dei pazienti e, in particolare, una collaborazione stretta tra oncologo e patologo che effettua i test diagnostici”, afferma De Laurentis.

“Trastuzumab deruxtecan è la prima terapia anti-HER2 approvata per le pazienti con tumore al seno HER2 low“, aggiunge Alessandra Fabi,

“Una bassa espressione di HER2 può verificarsi sia nella malattia ormono-positiva che negativa. Fino ad oggi la chemioterapia era l’unica opzione disponibile per le pazienti con tumore del seno avanzato o metastatico a bassa espressione di HER2, sia positivo che negativo per i recettori ormonali dopo aver ricevuto almeno una linea di chemioterapia”.

“Usare come bersaglio HER2 in tumori con un basso livello di espressione di questa proteina delinea un approccio di cura innovativo, che permette di rispondere a bisogni clinici finora insoddisfatti”.

“Le implicazioni terapeutiche sono importanti. Grazie alla rimborsabilità di AIFA, possiamo trattare le pazienti con bassa espressione dei livelli di questa proteina, precedentemente considerate HER2-negative, con un anticorpo monoclonale coniugato anti-HER2, migliorando il tempo di controllo della malattia e la sopravvivenza globale nello stadio metastatico”.

“La possibilità di candidare ad un trattamento anti-HER2 anche pazienti che esprimano bassi livelli di questa proteina rivoluziona l’attuale paradigma di diagnosi e cura del carcinoma della mammella metastatico”, spiega Mauro Vitali, Head of Oncology di Daiichi Sankyo Italia.

“L’efficacia è indipendente dallo stato del recettore ormonale, pertanto sia le pazienti con tumore al seno ormono-positivo che quelle con tumore triplo negativo sono candidabili al trattamento con trastuzumab deruxtecan”.

“L’approvazione della rimborsabilità da parte di AIFA supporta il nostro obiettivo di espandere anche a questa popolazione il beneficio che la terapia con trastuzumab deruxtecan può offrire loro”.

“È il primo anticorpo coniugato a dimostrare questi benefici e questo risultato è stato possibile grazie alla nostra tecnologia innovativa, fiore all’occhiello generata dalla Ricerca e Sviluppo di Daiichi Sankyo, e al gioco di squadra tra aziende, enti e associazioni pazienti”.

“Trastuzumab deruxtecan ha aperto la strada al trattamento di nuovi segmenti clinicamente significativi di pazienti oncologici la cui malattia non prevedeva opzioni terapeutiche mirate – conclude Alessandra Dorigo, Head of Oncology di AstraZeneca Italia -. Questi risultati sono il frutto della sinergia tra la competenza medico-scientifica e tecnologica di Daiichi Sankyo e la grande esperienza in oncologia e le risorse globali di AstraZeneca. Siamo orgogliosi di questa approvazione, un ulteriore tassello che ci avvicina all’obiettivo di cronicizzare il cancro e all’ambizione di eliminarlo, un giorno, come causa di morte. Il nostro impegno è sviluppare terapie innovative in grado di migliorare non solo la sopravvivenza ma anche la qualità di vita dei pazienti”.