E di nuove linee guida per la gestione della fase di convivenza con il virus. Per il 70% dei cittadini italiani fiducia invariata nei vaccini. Garantire la salute contribuisce alla crescita socio-economica del Paese.

 

Presso la Sala Caduti di Nassirya del Senato della Repubblica, nel corso della Conferenza Stampa “Covid-19, 3 anni dopo: quali impatti sulla salute e sulle prestazioni e il ruolo delle vaccinazioni” promossa dalla Senatrice Tilde Minasi, in collaborazione con The European House – Ambrosetti e il CEIS – Centre for Economic and International Studies – dell’Università di Roma Tor Vergata e il contributo non condizionante di Pfizer, esperti e Istituzioni si sono confrontati su come affrontare la nuova “normalità”, a poco più di 3 anni di distanza dalla dichiarazione della pandemia da parte dell’OMS e a 15 giorni dalla dichiarazione di fine emergenza sanitaria globale.

“Quello di oggi – ha affermato la Senatrice Tilde Minasi, Componente della Commissione Affari Sociali, Sanità, Lavoro pubblico e privato e Previdenza Sociale del Senato – è stato un appuntamento importante per discutere non solo degli impatti della pandemia sull’erogazione delle prestazioni e del contributo delle vaccinazioni, sia sugli outcome di salute che come contributo alla crescita economica, ma anche di come riorganizzare il sistema sanitario per essere in grado di saper rispondere prontamente, qualora dovessero verificarsi, a nuovi shock esterni come lo è stato la pandemia da Covid-19. Anche se l’emergenza globale si è conclusa dobbiamo avere in mente che ci accingiamo a vivere una fase di convivenza prolungata con il virus e dobbiamo prestare attenzione sia al monitoraggio dell’arrivo di nuove varianti che potranno comunque causare altre ondate di casi e decessi sia alla tutela della salute dei più fragili”.

A livello globale sono più di 765 milioni i casi di positività al virus confermati nel mondo dall’inizio della pandemia e quasi 7 milioni i decessi registrati.

Nel panorama internazionale l’Italia, con più di 25 milioni di casi è stato uno dei Paesi più colpiti dalla pandemia, con un numero significativo di decessi, pari a quasi 190.000, che si è rilevato soprattutto nella prima fase della pandemia, prima dell’avvio della campagna vaccinale.

Nel corso della conferenza stampa sono stati anche presentati i risultati di una survey realizzata da The European House – Ambrosetti in collaborazione con SWG su un campione di 2.300 cittadini.

Dall’indagine emerge come il 47% dei cittadini che hanno contratto il virus ha seguito una terapia domiciliare, ma soltanto il 3% ha assunto i nuovi farmaci antivirali anti-Covid.

Il 37% dei cittadini che ha contratto il virus ha avuto sintomi persistenti o segni e sintomi legati all’infezione a un mese di distanza della guarigione, ma di questi soltanto il 47% ha ricevuto una diagnosi conclamata di Long-Covid, con sintomi che hanno avuto impatti significativi sulla vita lavorativa a vario titolo e con solo il 12% che non ha riscontrato differenze nel portare avanti le proprie attività rispetto alla normalità.

Escludendo inoltre la prima fase dell’emergenza pandemica, durante la quale erano state sospese alcune attività e prestazioni sanitarie pubbliche o convenzionate, il 47% dei cittadini ha dichiarato di aver subito dei disservizi nella prenotazione e fruizione di prestazioni sanitarie in termini di esami e prestazioni diagnostiche, esami/visite previste nel piano di cura o interventi chirurgici non urgenti, con un 13% che non è ancora riuscito a recuperare tali prestazioni.

In aggiunta, l’89% dei cittadini che si è rivolto al sistema pubblico ha riscontrato un allungamento delle liste di attesa che ha portato il 20% a rivolgersi al privato.

Un intervistato su 5 ha riscontrato maggiori difficoltà di accesso anche alla somministrazione della terza e quarta dose di vaccinazione anti-Covid, riconducibile alla poca chiarezza da parte delle autorità sanitarie e alla distanza dei centri vaccinali dai domicili dei cittadini verificatasi dopo la chiusura degli hub vaccinali.

Dell’89% del campione che si è vaccinato contro il Covid-19, il 67% ha dichiarato di aver effettuato anche la terza dose mentre solo il 15% riferisce di aver effettuato anche la quarta; pensando a eventuali dosi booster solo il 42% si dice propenso a un ulteriore richiamo mentre il 9% si dice ancora indeciso, segno evidente di quella che può essere definita vaccine fatigue.

“La survey fornisce alcune indicazioni importanti anche in riferimento alla fiducia dei cittadini italiani nei confronti delle vaccinazioni – ha sottolineato Rossana Bubbico, Consulente dell’Area Healthcare di The European House – Ambrosetti. Deve far riflettere come rispetto alla rilevazione condotta esattamente un anno fa, la percentuale di cittadini che ritiene i vaccini uno strumento sanitario sicuro ed efficace per contrastare le malattie infettive sia passata dal 92% al 76%, mentre la percentuale di cittadini in disaccordo con quest’affermazione sia cresciuta di 11 punti percentuali, dal 6% al 17%. Anche il livello di fiducia nei confronti di tutti i vaccini dopo l’esperienza della pandemia risulta aumentato solo per il 15% del campione, rispetto al 33% del 2022: questo potrebbe voler significare che l’entusiasmo registrato nella precedente rilevazione fosse dettato più dalla paura del virus che da una reale comprensione del valore dei vaccini come strumento di tutela della salute del singolo e della collettività. Basti pensare infatti che nell’ultimo anno, se si esclude la vaccinazione anti-Covid, il 34% degli over 65 del campione ha dichiarato di non aver eseguito nessun’altra vaccinazione nonostante fossero raccomandate dal Ministero della Salute”.

Tra gli strumenti che, a detta degli stessi cittadini, possono contribuire ad aumentare il livello di fiducia nei confronti dei programmi di vaccinazione, figurano una maggiore e più efficace comunicazione da parte del Ministero della Salute e delle ASL e un maggior dialogo con il proprio medico o farmacista di fiducia, così come un aumento dei punti di vaccinazione a partire da luoghi di lavoro e farmacie; il 61% della platea di non vaccinati non pensa ci siano strumenti efficaci di contrasto dell’esitazione.

Il rafforzamento della comunicazione in campo vaccinale è anche uno dei 10 obiettivi del nuovo Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2023-2025 non ancora approvato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, ad oltre un anno e mezzo dal termine dei lavori del Tavolo tecnico incaricato dal Ministero della Salute di perfezionare la proposta di Piano (31 dicembre 2021) e a quasi un anno dal termine della revisione dei contenuti dello stesso Piano da parte del Gruppo consultivo nazionale sulle vaccinazioni (28 maggio 2022).

Tra le novità più rilevanti del nuovo Piano, figura anche il percorso distinto di aggiornamento del Calendario Vaccinale in funzione degli scenari epidemiologici, delle evidenze scientifiche e delle innovazioni in campo biomedico.

Non compare all’interno del nuovo Calendario la vaccinazione anti-Covid, così come non vengono fornite indicazioni circa l’organizzazione della campagna vaccinale anti-Covid per i fragili.

“È necessario procedere con estrema urgenza all’inserimento della vaccinazione anti SARS-CoV-2 nel piano vaccinale la cui assenza è dovuta al fatto che il piano è stato redatto durante il picco pandemico quando la vaccinazione era routinaria e normata da criteri di emergenza – ha ripreso la Professoressa Roberta Siliquini, Presidente della Società Italiana d’Igiene, Medicina preventiva e Sanità pubblica. La copertura ampia e continuativa di soggetti fragili ed anziani e dei loro contatti e conviventi è di fondamentale importanza per prevenire gli effetti più severi di una patologia la cui gravità è nota ed è mutata solo grazie alle ampie coperture vaccinali raggiunte”.

Il vaccino anti-Covid-19 rappresenta ad oggi una delle più prodigiose scoperte della medicina moderna, arrivata sul mercato a meno di un anno dal sequenziamento del virus.

Il processo di sviluppo del vaccino anti-Covid ha subito un’accelerazione senza precedenti a livello globale grazie a una serie di motivazioni tra cui le ricerche già condotte in passato sulla tecnologia a RNA messaggero, gli studi sui coronavirus umani correlati al SARS-CoV-2, le ingenti risorse umane ed economiche messe a disposizione in tempi stretti, la conduzione parallela delle varie fasi di valutazione e di studio, la produzione del vaccino parallelamente agli studi e al processo di autorizzazione, l’ottimizzazione della parte burocratica/amministrativa.

“La tutela della salute dei cittadini ha un impatto positivo diretto anche in termini di crescita sociale ed economica – ha sottolineato Paivi Kerkola, Country President di Pfizer Italia – Dal nostro punto di vista Pfizer mette a disposizione le competenze, la scienza e la capacità organizzativa con cui abbiamo dimostrato di poter sviluppare il vaccino contro il Covid-19 in tempi record. Auspicando una sempre maggiore collaborazione tra pubblico e privato, credo che il sistema Paese sarà in grado di rispondere alle crescenti esigenze sanitarie e alle sfide sanitarie del futuro”.

Il successo della campagna di vaccinazione anti-Covid ha permesso non solo di ridurre la probabilità di ammalarsi di malattia grave, e conseguentemente la probabilità del verificarsi di ospedalizzazioni, ricoveri in terapia intensiva e decessi e di incorrere nel Long-Covid, ma ha giocato un ruolo chiave anche nel determinare la ripresa economica, dopo la maggior contrazione del PIL dal dopoguerra ad oggi registrata nel nostro Paese nel 2020.

“Lo studio che abbiamo pubblicato nel 2021 sul Journal of Knowledge Management – ha affermato Francesco Saverio Mennini, Research Director EEHTA del CEIS, Facoltà di Economia, Università degli Studi di Roma Tor Vergata; Presidente SIHTA – ha evidenziato come la crescita del PIL sia dipendente dal tempo necessario alla messa in atto e all’esecuzione del piano vaccinale nazionale. Un ritardo nel raggiungimento dell’obiettivo di copertura vaccinale contro la COVID-19 avrebbe generato una perdita di PIL pari a più di 200 miliardi di euro tra il 2021 ed il 2022. L’enormità di queste cifre indica, una volta di più, come la sanità rappresenta un investimento e non un costo per il Paese e per la società nel suo complesso. Al suo interno, la prevenzione rappresenta una delle forme di investimento più costo efficace e più cost saving. L’accelerazione impressa alla campagna vaccinale anti-Covid registrata nel corso del 2021 ha consentito una ripresa che ancora oggi continua ad essere sostenuta e superiore alle attese che si è concretizzata con una crescita del PIL importante; in aggiunta anche a livello regionale nel corso del 2021, per ogni punto percentuale di copertura vaccinale anti-Covid aggiuntivo, si è assistito a un delta-crescita del PIL dello 0,12%. Valutare (anche in modo molto anticipato), quindi, le condizioni sotto le quali una Innovazione possa trovare spazio nei budget dei sistemi pubblici, in quanto in grado di assicurare quel “Valore” che la collettività (e non solo il payor) si aspetta e intende pagare sembra proprio essere l’approccio da seguire al fine di garantirci un “nuovo rinascimento” per il nostro SSN”.

L’esperienza pandemica ha quindi messo in luce il valore chiave delle vaccinazioni, ma ha anche mostrato una non marginale ed eterogenea parte della popolazione che mostra una qualche forma di esitanza, anche tra i vaccinati, e alcune sacche di forte resistenza verso i vaccini sui cui è importante intervenire rafforzando la comunicazione e personalizzando fortemente i messaggi in funzione del target da raggiungere.

 

 

 



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