Dalla ricerca GSK il primo anticorpo monoclonale per il trattamento della nefrite lupica.
Nella malattia sistemica nota come lupus, dove il sistema immunitario attacca per errore i tessuti sani degli organi, è imperativo salvaguardare la funzionalità di questi ultimi, in particolar modo dei reni, dato che quasi un paziente su due svilupperà la glomerulonefrite lupica, la forma più diffusa e grave dell’interessamento renale della patologia.
“All’esordio del lupus la nefrite lupica colpisce il 25% dei pazienti e poi diventa presente in oltre il 40% di loro” spiega Gian Domenico Sebastiani, Presidente Società Italiana di Reumatologia (SIR) e Direttore Unità Operativa Complessa Reumatologia presso Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini.
Una malattia “subdola”
Ma che cos’è il lupus? Già il medico Paracelso, nel XVI secolo, paragonava la malattia a “un lupo affamato che divora i tessuti”, da cui il nome.
“In realtà è una patologia molto complessa, di diagnosi non immediata, poiché i sintomi sono poco specifici” precisa Sebastiani “rara ma non rarissima (ha una incidenza di 2-8 casi ogni 100.000 abitanti in Europa, con prevalenza in Italia e Spagna) e più frequente nelle donne in età fertile (9 volte più colpite degli uomini)”.
Il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) è una malattia infiammatoria cronica autoimmune, che si manifesta con lesioni infiammatorie.
Può colpire qualsiasi tessuto o organo nello stesso paziente: da qui l’aggettivo sistemico. Ad oggi non esiste una causa specifica della malattia.
Il LES è quindi una patologia multifattoriale, caratterizzata dalla comparsa di una risposta aberrante del sistema immunitario contro il proprio organismo, con potenziale interessamento di diversi organi e apparati.
Diagnosi difficile e lunga
Quindi è fondamentale, per preservare gli organi, diagnosticarla il prima possibile. “Cosa non facile purtroppo” aggiunge Stefano Bianchi, Presidente Società Italiana di Nefrologia (SIN) e Nefrologia e Dialisi ASL Toscana nord-ovest.
Perché “questa condizione spesso è silente da un punto di vista soggettivo e le manifestazioni più frequenti come febbre, dolori alle articolazioni, sensazione di stanchezza, vengono scambiate come avvisaglie di altre malattie, proprio perché così aspecifiche”.
“In generale i sintomi interessano la cute, le articolazioni e comprendono anomalie ematologiche, ma proprio per risolvere questo problema dal 2012 abbiamo avviato uno studio per definire e capire i sintomi d’esordio” aggiunge Sebastiani.
“Tutto ciò comporta un conseguente ritardo diagnostico che nell’adulto mediamente è di tre anni rispetto ai primi sintomi” denuncia Rosa Pelissero, presidente Gruppo LES.
Come si interviene
“Le terapie per la nefrite lupica si basano sul corposo studio fatto alla fine degli anni ’90 chiamato Protocollo Euro Lupus, una pietra miliare per il trattamento della malattia” afferma Sebastiani.
“L’avvento degli anticorpi monoclonali in aggiunta agli immunosoppressori ha però rivoluzionato il paradigma della terapia per la nefrite”, aggiunge.
In Italia, e non solo, oggi, è infatti possibile agire espressamente su questa condizione con una medicina di precisione: belimumab.
È un anticorpo monoclonale, capostipite di una nuova classe di farmaci, gli inibitori BLyS-specifici, somministrabile sia per via endovenosa che sottocutanea, i cui dati clinici denotano un elevato profilo di efficacia e sicurezza e che lo specialista può impiegare in base alle caratteristiche e alle necessità del paziente.
“Abbiamo visto che riduce i flare di malattia [improvvise acutizzazioni N.d.A.] e l’accumulo del danno d’organo” precisa l’esperto.
“Rappresenta una terapia aggiuntiva che rende meno probabile la perdita funzionale renale, come è emerso dagli studi versus placebo” conferma Bianchi.
“Per noi clinici è sempre devastante quando si arriva alla dialisi e al trapianto, ma ora intravediamo un futuro più roseo per i pazienti” conclude.
Belimumab si conferma come una vera e propria rivoluzione nel trattamento del LES: oltre ad essere stato il primo farmaco a rendersi disponibile per questa patologia dopo 50 anni di sostanziale assenza di terapie specifiche per il LES, oggi rappresenta anche il primo monoclonale che può essere somministrato in caso di nefrite lupica.
Un altro vantaggio è la possibilità, ad assoluta discrezione del paziente, di scegliere il tipo di somministrazione: o per via sottocutanea, oppure tramite infusione mensile in day hospital presso un centro specializzato, soluzione scelta da circa il 50% di loro, perché in questo modo hanno anche occasione di incontrare e parlare con il medico.
Gli studi clinici
La nuova indicazione al trattamento con belimumab per la nefrite lupica nasce da una serie di studi ed in particolare dai risultati dello studio BLISS-LN (Efficacy and Safety of Belimumab in Adult Patients with Active Lupus Nephritis).
Il trial clinico, il più lungo ed ampio studio di fase III sulla nefrite lupica attiva, ha coinvolto 448 pazienti adulti ed ha evidenziato come, nell’arco di due anni, belimumab, aggiunto alla terapia standard, ha aumentato i tassi di risposta renale positiva alle terapie e ha contribuito a prevenire il peggioramento della malattia renale nei pazienti con nefrite lupica attiva rispetto alla sola terapia standard.
“Lo sviluppo di belimumab è frutto di dieci anni di ricerca e sperimentazione clinica, con 5 studi che hanno coinvolto oltre 3.000 pazienti” fa sapere Barbara Grassi, VP e Direttore scientifico di GSK.
“Belimumab ha dimostrato nella vita reale quanto può essere importante assicurare un trattamento mirato e precoce per questa patologia così da prevenire o rallentare il danno d’organo. Continueremo ad impegnarci per offrire risposte innovative ai pazienti, con un’apertura per il futuro nell’area della nefrologia dove esistono importanti richieste non soddisfatte da parte dei malati e delle loro famiglie”.
Prodotto per tutto il mondo nello stabilimento GSK di Parma, un centro di eccellenza mondiale per la produzione di antivirali e anticorpi monoclonali che produce anche sotrovimab, per il trattamento della malattia da SARS-CoV-2.
Fondamentale l’approccio multidisciplinare
La disponibilità di un farmaco espressamente studiato per i pazienti con nefrite lupica, che ha già dimostrato un valido profilo di sicurezza e tollerabilità nell’impiego per il LES, rappresenta un passo avanti importante, sia per gli specialisti che per i pazienti. E può rivelarsi un’importante opportunità per chi soffre della malattia ed i caregiver.
“La disponibilità dei farmaci biologici per il trattamento del lupus e in particolare per la nefrite lupica, rende ancor più fondamentale la gestione e la presa in carico multidisciplinare per i pazienti, che hanno diritto ad un inquadramento precoce della patologia e ad una diagnosi precisa del coinvolgimento dell’organismo per poi poter avere il trattamento più appropriato”, segnala Rosa Pelissero
“Questa è una richiesta fondamentale che i malati di lupus e le loro famiglie pongono alle Istituzioni sanitarie e scientifiche: il trattamento presso centri di eccellenza, in cui reumatologo e nefrologo lavorano insieme e con altri specialisti, rappresenta la modalità più efficace per una gestione ottimale della patologia”.
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