Inventata una pasta piatta che prende forma tridimensionale quando bollita. La sua utilità? Far risparmiare spazio negli imballaggi.
Cosa c’entrano fusilli, farfalle e conchiglioni rigati con la tutela dell’ambiente, la ecosostenibilità e i gas serra? Se il riscaldamento globale, come sostengono alcuni scienziati, è frutto dell’attività dell’uomo, allora anche la pasta, come tutti i manufatti di origine umana, ricade nella schiera di prodotti che possono contribuire a questo cataclisma.
Sì, perché gli avvitamenti, le tubolature rigate, le forme sinuose dei pezzi di pasta che tanto bene intrappolano il sugo nel piatto, quando invece la pasta è ancora confezionata nei pacchi costituirebbero uno spreco di volume, che a sua volta indurrebbe quindi dispendio di risorse per trasportarli e immagazzinarli.
Ma andiamo con ordine, iniziando dalla pubblicazione su Science Advance del 5 maggio di un articolo a firma di ricercatori della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, della Zhejiang University City College di Hangzhou in Cina e di altre università americane, dove si descrive la realizzazione di una pasta dalle particolari caratteristiche.
Questa pasta si presenta in pezzettini piatti con delle micro scanalature, tipo mattoncini lego. Ma, una volta buttata in pentola, con l’ebollizione comincia a gonfiarsi e ad assumere la forma tridimensionale per cui è stata “programmata”, diventando così una “conchiglia”, una “farfalla” o altro.
Nessuna alchimia o ingrediente segreto: si tratta di un semplice impasto di farina di semolino e acqua, sul quale però si effettuano svariate microincisioni ripetute in fase di preparazione, prima cioè che l’impasto si indurisca. A seconda del disegno della disposizione delle micro scanalature, la pasta si “trasforma” quindi da piatta in 3D grazie all’energia dell’ebollizione. E, a sentire gli autori, il gusto è identico a quello della pasta normale.
È tutto documentato nell’articolo con tanto di formule matematiche e geometriche. Ci hanno studiato ingegneri di scienza dei materiali, che hanno adattato alla pasta principi applicati ai gel polimerici.
Le piccole incisioni fanno aumentare il tempo di cottura nell’area in cui sono impresse che si espande quindi meno del resto; pianificando dove praticare questi solchi si può quindi programmare a priori qualsiasi forma.
Ma, dicevamo, il vantaggio ecologico? Ebbene, i grani di questa pasta si possono impilare uno sull’altro in modo da occupare meno spazio nelle confezioni. Questo si tradurrebbe in meno volume negli imballaggi e di conseguenza meno energia consumata per il trasporto e lo stoccaggio, che significherebbe in ultima analisi meno emissione di anidride carbonica e gas vari.
Meno volume significa anche meno plastica e materiale per le confezioni. Insomma, una riduzione di inquinamento in tutto il ciclo produttivo: basta usare degli stampini in grado da lasciare nell’impasto le scanalature programmate per far “gonfiare” la pasta.
Ma il beneficio ecosostenibile sarebbe anche dal lato consumatore. A differenza della pasta tubolare, questa cuocerebbe molto più in fretta, facendo così risparmiare anche gas o elettricità. Secondo gli autori, infatti, l’uno per cento dei gas serra emessi in Italia deriverebbe dal cucinare pasta, anche se non citano la fonte di tale affermazione.
Foto: Morphing Matter Lab. Carnegie Mellon University