Alcuni virus, come quello dell’influenza, diminuiscono la contagiosità nei climi caldi.

 

C’è qualche chance che in estate il SARS-CoV-2 si diffonda con meno intensità come fanno alcuni virus influenzali con il caldo?

Uno studio appena pubblicato su Social Science Research Network ha per il momento appurato che il virus si trasmette meno nelle zone più calde e umide rispetto a quelle fredde.

Non si tratta di uno studio clinico, ma di un lavoro eseguito al Massachusetts Institute of Technology: i ricercatori hanno analizzato globalmente i casi di Covid-19 (la malattia che il virus provoca) e hanno scoperto che il 90% di questi sono avvenuti in aree con una temperatura media tra i 3 e i 17 gradi e umidità assoluta tra i 4 e 9 grammi per metro cubo.

Solo il 6% dei casi si è verificato in posti con temperatura media superiore ai 18 gradi e umidità maggiore di 9 g/m3. Ciò però non significa affatto che quest’estate potremo tornare ad ammassarci come acciughe in pubblico e dimenticare il distanziamento sociale.

Lo studio mostra solo che il virus si trasmette meno efficientemente col caldo e l’umidità. Inoltre in molte zone d’Europa e del nord America l’umidità cresce a valori maggiori di 9 solo a partire da giugno inoltrato.

“È irragionevole aspettarsi che il virus scomparirà” dicono i ricercatori. Sappiamo però che i casi di virus influenzali diminuiscono con l’aumento dell’umidità, in parte perché le particelle infette esalate sono circondate da un involucro di umidità: quando quella esterna è bassa, questa sfera che avvolge i virus tende a evaporare, mentre in estate no, rendendo così le particelle più pesanti e meno attive nel propagarsi.

In definitiva gli autori concordano sul fatto che non possiamo sperare in una calda estate per far scomparire definitivamente il virus.

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