Intervista a Domenico Mannino, Direttore U.O.C Diabetologia ed Endocrinologia Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi Melacrino Morelli” di Reggio Calabria.
Quali sono le prospettive aperte dalle nuove classi terapeutiche, in particolare da quella degli SGLT2
inibitori?
Questa classe ha in sé alcune caratteristiche che ci permettono di affrontare a 360 gradi le esigenze del
paziente diabetico che non solo deve raggiungere e mantenere un buon target glicemico ma deve anche
perdere peso – nella maggior parte dei casi è obeso – e questi farmaci possono aiutarci a raggiungere questo obiettivo.
Inoltre, il paziente diabetico è molto spesso anche iperteso – sappiamo che l’ipertensione è la bad companion del diabete – e, quindi, poter utilizzare una terapia che accanto alla riduzione glicemica e alla riduzione di peso determini anche la riduzione pressoria è evidentemente molto interessante. E questo è quello che questa classe ha dimostrato di saper fare, per non parlare dell’effetto protettivo a livello cardiovascolare e renale che li rende una vera innovazione nel panorama terapeutico attualmente
disponibile.
Oggi è disponibile un nuovo SGLT2 inibitore, ertugliflozin, cosa rappresenta nel panorama delle armi terapeutiche a disposizione del diabetologo?
Rappresenta un’arma in più e, quindi, per noi diabetologi avere a disposizione un farmaco in più in questa
classe è davvero molto importante. Arriva una nuova molecola, potente e selettiva, che ha alle spalle un
numero ampio di studi registrativi che hanno coinvolto oltre 1200 con diabete di tipo 2.
Ertugliflozin è stato studiato sia in monoterapia che in associazione con la maggior parte degli attuali trattamenti per il diabete, dimostrando un marcato profilo di efficacia nella riduzione della glicata, del peso e della pressione.
Anche per questa molecola – analogamente a quanto avviene per tutti i farmaci – è stata richiesta dall’FDA una documentazione sulla sicurezza cardiovascolare e questo è un valore aggiunto delle nuove classi di farmaci. Anche ertugliflozin ha in corso il suo studio di outcome cardiovascolare, il VERTIS CV, che è stato disegnato, in primo luogo, per documentare la sicurezza cardiovascolare del farmaco in comparazione con il placebo ma anche per documentare – là dove si raggiunga l’outcome in termini di sicurezza – anche l’eventuale superiorità e, quindi, la protezione cardiovascolare e renale.
È evidente che questo studio rappresenterà un momento importante, un tassello per la gestione del paziente ad alto rischio cardiovascolare. E poi, non dimentichiamo che ertugliflozin è l’unico SGLT2i ad essere stato studiato in associazione con sitagliptin. Il diabete è una malattia con una patogenesi complessa e, quindi, i meccanismi patogenetici che portano all’iperglicemia sono molti ed è chiaro che se si riesce ad agire presto ed efficacemente su più di un meccanismo è un’opportunità in più. L’associazione tra due molecole come quella tra sitagliptin che fa parte della classe delle incretine con ertugliflozin che appartiene agli SGLT2 inibitori, ci permette di agire su più fronti contemporaneamente.
L’arrivo di nuovi classi e nuove molecole impongono anche delle scelte e spesso ci si scontra con l’inerzia terapeutica da parte del diabetologo e la paura verso le novità da parte del paziente.
È tutta questione di una corretta informazione e di dialogo medico-paziente. Se un diabetologo crede in una terapia è evidentemente più semplice trasmettere il messaggio al paziente e, quindi, fargli vivere un cambio di terapia in modo più naturale.
Poter utilizzare terapie orali rispetto, ad esempio, a terapie iniettive appartenenti a classi terapeutiche nuove e molto interessanti, ma comunque iniettive, rappresenta un valore aggiunto per favorire l’aderenza ad un nuovo trattamento.
È importante anche parlare degli effetti collaterali perché sono quelli che spesso spaventano. È, quindi, bene sottolineare che la classe degli SGLT2 presenta un profilo di sicurezza importante, in particolare ha un basso rischio di ipoglicemia se usato in monoterapia o con metformina. Deve essere considerato il problema delle infezioni genitali o urinarie che richiedono una grande attenzione da parte del diabetologo perché se il paziente è correttamente informato sull’importanza di un’igiene intima molto accurata, soprattutto nei primi tempi di questa terapia, la percentuale di pazienti che sviluppa infezioni si riduce notevolmente.