psoriasi

In atto un cambio di paradigma che migliora la qualità di vita dei pazienti con prurigo nodularis ed esofagite eosinofila.

 

 

In presenza di parassiti, elminti o sostanze irritanti, il nostro corpo invia in risposta cellule immunitarie per far fronte all’infezione. In alcune persone, però, le cellule immunitarie combattono anche quando l’infezione non c’è, finendo per danneggiare l’organismo stesso.

Una risposta immunitaria iperattiva viene chiamata infiammazione di tipo 2 ed è alla base di diverse patologie atopiche, allergiche e infiammatorie.

“L’infiammazione di tipo 2 è alla base di patologie croniche che possono insorgere sin dalla prima infanzia, oppure manifestarsi a tutte le età – spiega il prof Stefano Del Giacco,Professore Ordinario di Medicina Interna, Direttore della Scuola di Specializzazione in Allergologia e Immunologia Clinica, Università di Cagliari e Direttore Allergologia e Immunologia Clinica, AOU di Cagliari.

“Si tratta di patologie apparentemente diverse tra loro, come asma, dermatite atopica, rinosinusite cronica, esofagite eosinofila, la poliposi nasale, BPCO e prurigo nodularis”.

Fattori genetici, ambientali (esercizio fisico, condizioni atmosferiche, agenti inquinanti) e psicologici (stress) possono essere scatenanti dell’infiammazione di tipo 2.

Grazie alla ricerca si è compreso che dietro a tutte queste patologie esiste un elemento comune: l’infiammazione di tipo 2.

Ciò ha portato a un cambio di paradigma nella visione del trattamento.

Se nel passato si utilizzavano terapie dirette all’organo bersaglio o al sintomo della malattia, oppure terapie generiche come gli immunosoppressori, oggi si è di fronte a un passo avanti con l’introduzione di dupilumab, un anticorpo monoclonale completamente umano che agisce inibendo le vie di segnalazione dell’infiammazione mediate da due citochine, l’interleuchina-4 (IL-4) e l’interleuchina -13 (IL-13).

Non essendo un immunosoppressore, non richiede monitoraggi e ha dimostrato un notevole beneficio clinico a lungo termine.

La scoperta di un denominatore comune ha portato una significativa rivoluzione nel campo clinico, avviando un cambio di paradigma nel trattamento delle patologie associate, appunto, all’infiammazione di tipo 2.

Su questi temi si è tenuto a Milano il media tutorial “Una causa, diverse patologie: l’infiammazione di tipo 2. Trasformare la pratica della medicina e imprimere un cambiamento anche nella vita dei pazienti con esofagite eosinofila e prurigo nodularis”, organizzato da Sanofi, con la partecipazione di clinici esperti e associazioni pazienti.

“L’infiammazione di tipo 2 è alla base di patologie croniche che possono insorgere sin dalla prima infanzia, ma anche manifestarsi a tutte le età, lasciando una forte impronta nella vita dei pazienti e influenzando la loro qualità della vita. Si tratta di patologie apparentemente molto diverse tra loro, come asma, dermatite atopica, rinosinusite cronica con poliposi nasale, esofagite eosinofila e prurigo nodularis”. spiega Del Giacco.

“Grazie alla ricerca e alla conoscenza del fattore comune dietro queste patologie è oggi possibile agire sui meccanismi alla base dell’infiammazione, ottenendo un controllo a lungo termine, anziché agire sull’organo bersaglio o sul sintomo della malattia con terapie generiche, come cortisonici o immunosoppressori, che possono offrire sollievo nel breve termine ma il cui uso continuo e prolungato è altamente sconsigliato.”

La prurigo nodularis è una condizione cronica, estremamente pruriginosa, si presenta tipicamente con la comparsa di noduli multipli, papule e placche, la cui diffusione e l’intensità del prurito risultano significativamente più gravi rispetto ad altre affezioni cutanee, come la dermatite atopica (DA) o l’orticaria.

La prurigo nodularis rappresenta il sottotipo più comune di prurigo cronico e può persistere per lunghi periodi, con una durata media della malattia di circa 6 anni.

C’è molto di più dietro al prurito nella prurigo nodularis. Sebbene sia il sintomo predominante e causa della formazione delle lesioni cutanee caratteristiche di questa patologia, i pazienti affrontano anche sensazioni dolorose come bruciore, lesioni deturpanti e dolorose, che possono portare anche a disturbi mentali”, chiarisce Laura Bonzano, Medico Chirurgo, Specialista in Allergologia e Immunologia Clinica, Arcispedale Santa Maria Nuova – AUSL Reggio Emilia.

“Questi sintomi impattano significativamente la vita quotidiana delle persone affette da questa patologia. Secondo uno studio europeo condotto su 552 pazienti, l’83% ha rinunciato a un’attività sportiva o ricreativa e il 92% ha rifiutato un invito a cena o a una festa”.

“La difficoltà nella diagnosi talvolta è un altro problema, con più di un terzo dei pazienti che riceve inizialmente una diagnosi errata e riscontra tempi medi decisamente lunghi (oltre 2 anni) per arrivare alla corretta identificazione della patologia. Questo vagabondaggio diagnostico non è solo una sfida clinica e terapeutica, ma anche un viaggio emotivo associato a un senso di disperazione e abbandono, che sconvolge la vita dei pazienti e influisce ulteriormente sul carico della malattia”.

L’esofagite eosinofila (EoE) è una condizione cronica che colpisce principalmente l’esofago, causando fibrosi e restringimento dell’organo.

I sintomi caratteristici, che includono difficoltà nella deglutizione, riduzione dell’appetito, vomito e dolore addominale, fanno sì che venga spesso confusa con altri disturbi gastrointestinali, come il reflusso gastroesofageo.

Tuttavia, la sua natura autoimmune richiede un trattamento mirato che vada oltre la semplice gestione dei sintomi.

La diagnosi di tale patologia può essere complessa e spesso può richiedere un monitoraggio prolungato dell’evoluzione dei sintomi del paziente.

“Oggi si stima che l’esofagite eosinofila colpisca circa 50.000 adulti e adolescenti in Europa. Le statistiche registrano tuttavia un significativo aumento del numero di casi, dovuto a una migliore e maggiore informazione su questa patologia e ai progressi nella diagnosi precoce”, dice Antonio Di Sabatino, Professore Ordinario di Medicina Interna, Direttore UOC Medicina Interna 1, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, e Direttore Scuola di Specializzazione in Medicina Interna, Università di Pavia.

“È importante sapere che, in assenza di terapie mirate o efficaci nel lungo periodo, i pazienti che soffrono di esofagite eosinofila spesso adottano meccanismi compensatori, come bere liquidi durante i pasti, modificare l’alimentazione, estendere gli orari dei pasti ed evitare certi tipi di cibo, oltre a comportamenti come masticare eccessivamente o nascondere le pillole. Questi sono certamente importanti segnali d’allarme per riconoscere la patologia, ma influiscono anche sui tempi della diagnosi. Mettendoli in atto, i pazienti si autoconvincono di poter convivere con l’esofagite eosinofila e a volte ne minimizzano l’impatto, ritardando il confronto con uno specialista.”

“Il rapporto degli italiani con il cibo è profondo e ricco di significati culturali e valori che vanno ben al di là della semplice alimentazione. Tuttavia, patologie come l’Esofagite Eosinofila (EoE) trasformano il piacere del cibo in ansia e paura”, spiega Roberta Giodice, Socio fondatore e Presidente ESEO Italia – Associazione di famiglie contro l’Esofagite eosinofila e le patologie gastrointestinali eosinofile.

“Le persone affette da questa patologia sperimentano spesso crisi di soffocamento durante i pasti che comportano paura, dolore e disagio. I pazienti arrivano alla diagnosi con anni di ritardo”.

“Si trovano ad agire comportamenti adattativi impattanti per sé e per chi gli sta vicino. Tutto questo può compromettere seriamente la qualità di vita, portare a impatti psicofisici, isolamento sociale e rischio di arrivare alla diagnosi in condizioni gravemente compromesse. Sensibilizzare pediatri e medici innanzitutto ma tutti gli specialisti che, anche indirettamente, potrebbero intercettarla rispetto alle domande sentinella utili per sospettare o scongiurare è fondamentale. Molti sono poi i disagi, i costi e le sperequazioni a livello regionale. Come Associazione collaboriamo con le Società Scientifiche di riferimento per garantire l’esigibilità dei diritti e l’uniformità della presa incarico”.

L’innovazione terapeutica nel campo dell’infiammazione di tipo 2 ha fatto un significativo passo avanti con l’introduzione di dupilumab, sviluppato congiuntamente da Sanofi e Regeneron.

Tale anticorpo monoclonale, completamente umano, agisce inibendo le vie di segnalazione dell’infiammazione mediate da due citochine, l’interleuchina-4 (IL-4) e l’interleuchina-13 (IL-13). Non è un immunosoppressore, non richiede monitoraggi continui e ha dimostrato un notevole beneficio clinico a lungo termine su numerose patologie infiammatorie di tipo 2, a livello sia di sintomi sia di biomarcatori chiave di queste patologie.

Le patologie per cui oggi il farmaco è indicato in Italia sono: dermatite atopica (adulto, adolescente e bambino); asma grave in adulti e adolescenti dai 12 anni di età; rinosinusite cronica con poliposi nasale grave negli adulti.

In arrivo le indicazioni per l’esofagite eosinofila (adulto e adolescente da 12 anni in su), la prurigo nodularis, la dermatite atopica del bambino da 6 mesi di vita a 5 anni e l’asma del bambino a partire dai 6 anni d’età.