In occasione della Shingles Awareness Week, settimana internazionale di sensibilizzazione sull’Herpes zoster (26 febbraio 2024 – 3 marzo 2024), una campagna condotta da GSK in collaborazione con la Federazione Internazionale sull’Invecchiamento (IFA). L’obiettivo è quello di aumentare la consapevolezza e affrontare la mancanza di conoscenze sui rischi e sull’impatto dell’Herpes zoster. Un sondaggio globale svela il (basso) livello di conoscenza sul Fuoco di Sant’Antonio: molti conoscono poco la malattia da Herpes zoster e il rischio che presenta temendo il contagio; in Italia due persone su dieci non sanno cosa sia il Fuoco di Sant’Antonio e la metà dice di saperne poco; troppi ancora pensano sia contagiosa; prevenzione e rischio percepito non vanno a braccetto.
Dal 26 febbraio 2024 inizia la settimana internazionale di sensibilizzazione sull’Herpes zoster (fino al 3 marzo 2024), infezione conosciuta anche con il nome di Fuoco di Sant’Antonio: ma quanto ne sa la popolazione su questa malattia, in particolare le persone over 50, cioè quelle più a rischio di svilupparla?
A questa domanda risponde un sondaggio commissionato da GSK e che suggerisce delle lacune significative nella comprensione dell’Herpes zoster.
Quello che emerge dalla ricerca è che a fronte di un interesse elevato del pubblico per l’Herpes zoster, fa riscontro un’informazione relativamente bassa.
La ricerca online ha intervistato 3.500 adulti di età pari o superiore a 50 anni provenienti da 12 paesi, valutando la comprensione degli intervistati sull’Herpes zoster, cosa può scatenarlo e il suo impatto sulla vita delle persone.
Ciò che preoccupa è che nuovi dati suggeriscono che molti adulti a partire dai 50 anni fraintendono aspetti importanti della malattia, compreso il modo in cui può svilupparsi.
Quanto ne sappiamo sull’herpes zoster?
Almeno 2 persone su dieci non sanno cosa sia il fuoco di Sant’Antonio e una su due dice di saperne poco. Eppure quasi 2 soggetti su tre conoscono altri che ne hanno sofferto e il 12% l’ha addirittura avuto. Solo 1 persona su 2 sa definire di cosa si tratta.
Sulla conoscenza di come si manifesta e chi rischia di più, le cose vanno un po’ meglio: Il 70% degli intervistati riconosce come sintomi l’eruzione cutanea dolorosa, il 60% l’eruzione cutanea pruriginosa, il 47% le vesciche sulla pelle, il 37% il dolore ai nervi. Sulle età a rischio c’è confusione: il 41% colloca la comparsa del quadro soprattutto tra i 50 e i 70 anni, mentre il 40% pensa che lo Zoster possa insorgere ad ogni età. Il 7% pensa siano a rischio soprattutto gli over-70.
1 persona su 2 pensa che lo zoster sia un virus che la maggior parte delle persone ha già nel proprio sistema nervoso.
Perché viene l’herpes zoster?
Il 58% delle persone sa che il virus si trova già nel corpo.
Ma per una persona su cinque lo zoster compare per “contagio” diretto da parte di un altro, dalla ripetizione della varicella (16%), dalla presenza di casi in famiglia (12%).
La paura del contagio, in particolare è vissuta dal 43% delle persone che considera il virus molto o comunque piuttosto contagioso, alimentando lo stigma.
Ma il 26% non sa per quanto tempo possono durare i sintomi dell’herpes zoster e quindi non conosce la nevralgia post-erpetica.
Stando all’indagine la fascia d’età che ha maggiori probabilità di sviluppare l’herpes zoster sono gli adulti tra i 50-70 anni.
Quanto durano i sintomi? Il 26% non sa per quanto tempo possono durare i sintomi dell’herpes zoster e quindi non conosce la nevralgia post-erpetica.
L’herpes zoster è contagioso?
Il 55% degli intervistati ritiene che “si possa prendere l’herpes zoster da qualcuno che ne è affetto”.
Il 72% considera l’infezione contagiosa e 1 su 4 pensa che si presenti in uno su 1.000 adulti nel corso della vita.
L’herpes zoster non può essere trasmesso da persona a persona come altre malattie trasmesse per via aerea come il COVID-19.
L’herpes zoster è causato da una riattivazione del virus varicella-zoster (VZV), lo stesso virus che causa la varicella,2 che già risiede nella persona e che rimane dormiente nel sistema nervoso e può riattivarsi con l’avanzare dell’età.
Quasi il 50% degli intervistati ritiene che “si possa prendere l’herpes zoster da chi ha la varicella”.
Attenzione però: l’herpes zoster è causato dal VZV (virus della varicella).
Se una persona non ha mai avuto la varicella prima, potrebbe contrarla in seguito a contatto con un soggetto con herpes zoster
Il virus rimarrà quindi dormiente nel sistema nervoso e potrebbe svilupparsi come herpes zoster quando l’avanzare dell’età o malattie debilitanti riducono la forza del sistema immunitario.
L’herpes zoster ritorna se lo si ha già avuto?
Il 39% degli intervistati ritiene che “non sarebbe possibile sviluppare l’herpes zoster se l’hai già avuto”.
1 su 4 è convinto che una volta preso lo zoster non sia possibile contrarlo di nuovo.
Il virus invece è presente nella maggior parte degli adulti che abbiano almeno 50 anni.
La maggior parte delle persone che sviluppano l’Herpes zoster lo hanno solo una volta; tuttavia, è possibile sviluppare l’Herpes zoster più di una volta nella vita.
Il fuoco di Sant’Antonio è considerato un rischio molto remoto per la salute: solo il 10% degli intervistati infatti pensa sia molto probabile svilupparlo nel corso della vita.
Più di una persona su tre (36%) pensa che sia piuttosto o del tutto improbabile.
Perché si pensa di essere immuni? Il 24% degli intervistati non ha mai avuto il fuoco di Sant’Antonio, il 26% perché ha avuto la varicella, il 27% non ha avuto casi in famiglia.
Solo una persona su dieci pensa alla protezione legata alla vaccinazione.
“Chi ha fatto l’herpes zoster difficilmente può riaverlo, ma ci sono casi in cui è successo” conferma Maria Laura Tini, Patient advocate per Fondazione IncontraDonna e Medico di Medicina Generale.
“Per questo la protezione vaccinale, anche se si è già sviluppata la malattia, è importante. La sua copertura è dimostrata essere di dieci anni e a breve ci saranno i risultati sulla durata a 12 anni”.
Prevenzione possibile per l’herpes zoster
Il vaccino viene considerato una valida modalità di prevenzione per il 62% degli intervistati, ma il 30% non ne conosce la disponibilità e per otto persone su cento il fuoco di sant’Antonio non è prevenibile.
In ogni caso, con un’apparente dissonanza, il 76% degli intervistati pensa che vaccinarsi sia il modo migliore per prevenire il fuoco di Sant’Antonio.
Il 48% pensa genericamente che sia possibile prevenire il virus.
Il 60% ritiene che sia prevenibile con la vaccinazione, però solo l’11% ne rileva l’efficacia e pensa di essere a basso rischio di contrarre l’herpes zoster perché vaccinato.
Ci sono stili di vita che aiutano a proteggerci? Il 47% degli intervistati pensa sia fondamentale una dieta sana ed equilibrata, il 36% fare esercizio ogni settimana, 48% avere una buona igiene personale, 31% pensa sia importante ridurre il livello di stress.
“Con la moderna informatizzazione possiamo facilmente estrapolare i dati sui pazienti a rischio e si potrebbero avvisare con app di messaggistica della possibilità di effettuare la vaccinazione”, afferma Tini. “Purtroppo, in Italia questa pratica della chiamata attiva è ostacolata dalle leggi sulla privacy”.
Che cosa dicono gli esperti
A fronte di queste scarse conoscenze sulla malattia, sulle modalità di trasmissione e su sintomi e cura, è d’uopo sentire l’opinione di chi se ne intende.
“Dopo i 50 anni inizia il decadimento della funzione immunitaria, un processo noto come immunosenescenza“, spiega il Professor Francesco Vitale, Professore ordinario di Igiene all’università di Palermo.
“In pratica, il sistema immunitario non risponde più in modo adeguato e questo è una delle cause della fragilità negli anziani”, prosegue.
L’anziano va incontro a immunosenescenza (fisiologico declino delle funzionalità del sistema immunitario), oltre ad essere più a rischio di immunocompromissione per presenza di patologie o terapie in atto.
Pur se si sa che un individuo su tre svilupperà l’infezione nel corso della vita, incidenza e gravità aumentano dopo i 50 anni, arrivando ad 1 individuo su 2 nei soggetti di età ≥ 85 anni.
“Gli herpes hanno la caratteristica della latenza, cioè possono rimanere inattivi per decenni e poi manifestarsi proprio quando il sistema immunitario comincia a perdere colpi”.
“Altri soggetti a rischio sono coloro che fanno uso di farmaci immunosoppressori per patologie dove il sistema immunitario è iperattivo (per esempio della pelle), oppure chi è stato soggetto a trapianto d’organo“.
Esistono inoltre evidenze cliniche che mostrano come la presenza di diabete aumenti il rischio sia di sviluppare l’infezione da Herpes Zoster sia di trovarsi ad affrontare la nevralgia post-erpetica, la sua temibile complicanza.
Una ricerca condotta negli USA che ha permesso di valutare i risultati di 62 studi clinici mostra in questo senso come chi affronta il diabete (in particolare di tipo 2), presenta un rischio più alto del 30% di sviluppare l’infezione da Herpes Zoster.
Un altro studio mostra invece come l’incidenza di Herpes Zoster e di nevralgia post-erpetica risulti più elevata, del 78% e del 50%, rispettivamente, negli individui con diabete rispetto a chi ha una glicemia normale.
“Bisogna anche ricordare che l’herpes zoster, come dimostrato da uno studio condotto da 2003 al 2018, ha causato, in tale periodo 74 mila ospedalizzazioni, di cui per 30 mila era la causa principale. Non solo: dai dati è emerso che i ricoveri hanno riguardato persone di tutte le età“.
Antonella Celano, Presidente APMARR Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare APS ETS, ribadisce l’importanza delle Associazioni “per intercettare una popolazione che altrimenti rimarrebbe senza informazioni”.
“Nel nostro Paese sono presenti sacche di popolazione che non sono informate. Il nostro consiglio, pertanto, è quello di fidarsi della scienza, del proprio medico curante e dello specialista”.
E’ importante proteggere i pazienti con malattie reumatologiche, ad esempio se soffrono di LES (Lupus Eritematoso Sistemico), una review sistematica del 2021 mostra che il rischio di Herpes Zoster in questi pazienti aumenta del 150% rispetto alla popolazione di confronto.
Anche l’azione dei farmaci per la malattia di base gioca un ruolo in questo senso: l’impiego combinato di immunosoppressori in pazienti con LES, aumenta il rischio da 5 a 17 volte, rispettivamente per 1 o ≥ 4 farmaci assunti in terapia combinata.
Infine, anche sul fronte della comparsa di nevralgia post-erpetica, i pazienti con LES hanno un rischio aggiuntivo del 127% di sviluppare questo quadro a tre mesi dalla comparsa di Zoster.
Per quanto riguarda l’artrite reumatoide, due studi coinvolgenti oltre 160.000 pazienti con questa patologia dimostrano che questi soggetti mostrano un rischio quasi doppio di sviluppare l’infezione rispetto alla popolazione generale. Anche i farmaci – va detto – possono influire sul quadro.
Lo sviluppo di Herpes Zoster appare infatti come una complicanza emergente, ad esempio, dei farmaci inibitori delle JAK, impiegati per questa patologia.
La SIR (Società Italiana di Reumatologia) ricorda che in caso di inizio di terapia con JAKi (tofacitinib e baricitinib) è suggerita la vaccinazione con vaccino ricombinante in soggetti di età ≥50 anni, indipendentemente dalla storia pregressa di infezione da varicella o zoster.
Saperne di più sull’ herpes zoster
L’Herpes zoster (HZ), più comunemente noto come Fuoco di Sant’Antonio, è la riattivazione del virus varicella Zoster (VZV) che colpisce le strutture nervose.
Alla riattivazione, di solito, si associa una dolorosa eruzione cutanea che, nonostante possa manifestarsi in qualsiasi parte del corpo, compare più frequentemente su un solo lato del torace o dell’addome sotto forma di una singola striscia di vescicole.
Il VZV appartiene alla grande famiglia degli Herpes virus, ed è lo stesso che causa la varicella nei bambini.
Il virus, infatti, dopo aver causato la varicella, rimane inattivo nel tessuto nervoso per poi risvegliarsi, a distanza di molti anni, sotto forma di fuoco di Sant’Antonio.
Circa 1 individuo adulto su 3 è a rischio di sviluppare un episodio di Herpes zoster nel corso della propria vita.
L’incidenza e la gravità aumentano con l’età con un incremento dopo i 50 anni, arrivando ad 1 individuo su 2 nei soggetti di età ≥ 85 anni.
La malattia si associa ad una pessima qualità di vita e per periodi prolungati assorbe molte risorse del Servizio sanitario nazionale in termine di visite, accertamenti e cure.
L’Herpes zoster è solitamente accertato (diagnosticato) sulla base della comparsa del dolore e delle tipiche vescicole (eruzione cutanea) su un solo lato del corpo. Sono anche disponibili esami di laboratorio, qualora il medico li ritenga opportuni.
Le complicanze dell’herpes z
oster
Le complicanze della malattia, molto serie e in alcuni casi fatali, possono essere molteplici: nevralgia post-erpetica, la più comune, con un’incidenza che aumenta parallelamente con l’età: causa un dolore molto forte a livello del nervo coinvolto, che perdura per almeno 90 giorni dopo l’eruzione cutanea.
La durata della nevralgia post-erpetica è variabile da pochi mesi ad anni o, addirittura, per tutta la vita con impatto negativo e disabilitante sulla qualità della vita stessa del paziente
Sindrome di Ramsay Hunt, quando l’infezione coinvolge il nervo facciale, vicino all’orecchio causando paralisi facciale e perdita dell’udito
Infezione degli occhi e perdita della vista, quando l’infezione coinvolge il nervo trigemino con conseguente infiammazione del nervo ottico, glaucoma, ulcere e cicatrici sulla superficie dell’occhio; questa complicanza può portare a perdita della vista
Infezione batterica delle vescicole; cicatrici permanenti; infiammazione di polmoni, fegato, meningi, encefalo.
Lo stress come fattore scatenante dell’herpes zoster
“Le cause del manifestarsi della malattia sono molteplici” spiega Vitale. “Uno studio del 2012 ha mostrato come la familiarità incide aumentando il rischio di 3,7 volte, mentre la depressione fa ancora di più, incrementandolo a 4,7 volte”.
“Uno studio più recente, del 2020, è frutto di una metanalisi di 88 studi clinici, per un totale di quattro milioni di soggetti analizzati e ha elencato i principali fattori di rischio”.
“Oltre agli immunosoppressori, neoplasie, traumi fisici, comorbidità, è emerso come la depressione incida di quasi il 50% sull’aumento di rischio”.
Dati confermati anche da un ulteriore studio: “su 77 mila persone seguite per diversi decenni, lo stress psicologico percepito dal soggetto ha aumentato di due volte il rischio”.
Terapia per l’herpes zoster
Per la terapia dell’herpes zoster si possono impiegare cure locali e/o generali (sistemiche) per ridurre i disturbi (sintomi) e limitare il rischio di complicazioni.
Le cure includono: antivirali, farmaci specifici che bloccano la riproduzione (replicazione) del virus riducendo la durata della malattia, ma che non agiscono sul dolore; antidolorifici e antinfiammatori; gel a base di cloruro d’alluminio, applicato direttamente sulle vescicole ne accelera la guarigione e riduce il prurito/dolore.
“I farmaci per la cura dell’herpes zoster, però, non sono così brillanti” sottolinea la Dott.ssa Tecla Mastronuzzi, Medico di medicina generale Bari socia SIMG e responsabile nazionale della Macroarea Prevenzione della SIMG.
“E non sono un’alternativa terapeutica alla vaccinazione, che purtroppo non ‘spacca’ ancora come popolarità come quelle somministrate nell’infanzia”.
“Ricordiamo che, oltre al dolore provocato dalla malattia, in seguito all’herpes zoster c’è un rischio elevato di avere complicanze cardiovascolari”.
Il vaccino GSK contro l’Herpes zoster
La prevenzione dell’infezione da Herpes zoster può essere condotta in maniera efficace e sicura attraverso il vaccino.
La vaccinazione per l’Herpes zoster è prevista nel Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale e inserita nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). È gratuita e raccomandata nelle persone con 65 anni di età o negli individui a rischio, anche se più giovani.
Il vaccino ricombinante adiuvato per l’Herpes zoster (RZV), è stato sviluppato e formulato da GSK per fornire un’elevata efficacia contro l’Herpes zoster e la nevralgia posterpetica (NPE), per essere ben tollerato nelle popolazioni ad aumentato rischio di sviluppare l’Herpes zoster (HZ), comprese le popolazioni immunocompromesse e per offrire una protezione duratura nel tempo.
Il vaccino ricombinante adiuvato è indicato per la prevenzione dell’HZ e della nevralgia post-erpetica (NPE) in adulti di età pari o superiore a 50 anni o in adulti di età pari o superiore a 18 anni ad aumentato rischio di HZ.
Il vaccino ricombinante adiuvato è un vaccino a subunità non vivo, composto da un antigene e da un sistema adiuvante: la scelta di sviluppare un vaccino adiuvato è l’elemento innovativo di RZV.
Un adiuvante è un componente che stimola la risposta immunitaria innata in modo simile alla naturale risposta agli agenti patogeni. Ciò potenzia la risposta immunitaria a un antigene e/o la modula verso la risposta immunitaria desiderata.
Gli adiuvanti sono progettati per fornire risposte immunitarie più precoci, forti e durature a un vaccino. In quanto tali, gli adiuvanti possono permettere di ridurre la quantità di antigene necessaria in un vaccino, consentono di ottenere l’immunità con l’uso di un minor numero di dosi vaccinali, possono migliorare l’efficacia dei vaccini in popolazioni come gli anziani, dove le risposte vaccinali sono tipicamente ridotte, e possono anche aumentare la stabilità e la durata di conservazione di un vaccino.
Durante gli studi clinici di fase III, condotti su oltre 30.000 partecipanti, la schedula a due dosi del vaccino ricombinante adiuvato ha dimostrato un’ampia protezione contro l’HZ e in tutti i soggetti di età ≥ 50 anni, senza problemi di sicurezza segnalati e con un chiaro profilo di reattogenicità.
L’efficacia del vaccino ricombinante adiuvato contro HZ ha ottenuto risultati superiori al 90% in tutte le fasce di età sopra i cinquant’anni: 96,6% nella fascia di età 50-59 anni; 97,4% tra i 60 e i 69 anni; 91,3% tra i 70 e i 79 anni; 91,4 fra gli over 80.
Per quanto riguarda invece l’efficacia del vaccino ricombinante adiuvato contro la NPE si registra il 100% nelle fasce di età 50-59 e 60-69 anni; il 93% nel range 70-79 anni e il 71,2% per gli over 80.
Tale efficacia persiste almeno per i 4 anni di follow-up previsti dagli studi, senza alcuna evidenza di un significativo declino. Recentemente sono stati resi noti i dati preliminari di uno studio sull’efficacia a lungo termine della vaccinazione che hanno mostrato complessivamente, su un periodo di osservazione pari a 7.1 anni, una efficacia overall del 90,9%.
Infine, in un’analisi post-hoc, il vaccino ricombinante adiuvato ha dimostrato di ridurre di oltre il 90% l’incidenza delle complicanze correlate all’HZ diverse dalla NPE (Herpes Zoster oftalmico, vasculite da HZ, malattia disseminata, malattia neurologica, malattia viscerale, ictus) e di ridurre il dolore associato all’HZ e l’uso di antidolorifici.
Dati a lungo termine del vaccino di GSK contro l’Herpes zoster
Dall’analisi ad interim dello studio zoster 049* (dati pubblicati ad ottobre 2022 nell’Open Forum Infectious Diseases2), è risultato che RZV può fornire almeno 10 anni di protezione contro lo Zoster negli adulti di età pari o superiore a 50 anni.
Più precisamente: l‘efficacia del vaccino è pari all’81,6 % nei >4 anni di follow-up dello studio (FU medio: da 5,6 (±0,3) a 9,6 (±0,3) anni dopo la vaccinazione).
L’efficacia del vaccino è pari all’89,0% nei 10 anni dalla vaccinazione (da 1 mese dopo la seconda dose di ZOE 50/70 fino a 10 anni dalla vaccinazione; FU medio: 9,6 (±0,3) anni dopo la vaccinazione).
Il profilo di sicurezza osservato in questo studio di estensione è coerente con il profilo di sicurezza stabilito del vaccino. Non sono stati identificati nuovi problemi legati alla sicurezza
Al prossimo congresso scientifico ECCMID, in programma a Barcellona ad aprile 2024, è prevista la presentazione dell’abstract dello studio Zoster 049, con i relativi dati completi di efficacia a distanza di 12 anni dalla vaccinazione.
L’importanza della vaccinazione per i pazienti onco-ematologici
Le statistiche dicono che l’incidenza di Herpes Zoster in pazienti affetti da neoplasie ematologiche è di 31/1000 soggetti-anno. Inoltre si tratta di una delle principali complicanze infettive in pazienti con mieloma multiplo, con un rischio aumentato di 14,8 volte.
Più in generale, il rischio di sviluppare nevralgia post-erpetica varia tra il 6% e il 40% nei pazienti con tumore ematologico
L’European Myeloma Network raccomanda la vaccinazione anti Herpes Zoster nei pazienti con mieloma multiplo e nei pazienti che hanno subito trapianto di cellule staminali ematopoietiche autologhe o allogeniche.
Cancer Network raccomanda la vaccinazione anti Herpes Zoster nei pazienti con patologia onco-ematologica. In termini generali la probabilità maggiore di sviluppare Zoster fra i tumori solidi si osserva in quelli del sistema nervoso centrale.
Il cancro orale, esofageo, dello stomaco, colorettale, del polmone, del seno, delle ovaie, della prostata, del rene e della vescica sono associati ad un aumento della probabilità di sviluppare l’infezione fra il 10-50%.
La vaccinazione per Herpes Zoster nei pazienti con patologie respiratorie croniche
I pazienti con BPCO hanno complessivamente un rischio aumentato del 41% di sviluppare Herpes Zoster rispetto alla popolazione generale. Inoltre, il rischio raddoppia nei pazienti che assumono steroidi inalatori e triplica nei pazienti che assumono steroidi orali rispetto agli individui sani.
Tra le varie comorbidità, la BPCO è associata ad un rischio aumentato del 53% di nevralgia post erpetica.
Per quanto riguarda l’asma, chi ne soffre ha un rischio aumentato del 24% di sviluppare Herpes Zoster e la patologia è associata ad un rischio aumentato del 20% di nevralgia post erpetica.
Per questo il report GOLD 2022 (2024) indica la vaccinazione anti-HZ per i pazienti con BPCO di età ≥50 anni. e le recenti raccomandazioni SIMIT (2021) per la vaccinazione dell’adulto raccomandano la vaccinazione con RZV nei pazienti con BPCO e/o Asma.