In associazione alla chemioterapia ha mostrato riduzione del 72% e del 36% del rischio di progressione della malattia o morte e aumento significativo della sopravvivenza.

 

GSK ha presentato al Society of Gynecologic Oncology (SGO) Annual Meeting on Women’s Cancer (tenutosi dal 25 al 28 marzo) i risultati dello studio di fase III RUBY su dostarlimab più chemioterapia standard (carboplatino-paclitaxel) seguita da dostarlimab rispetto alla chemioterapia più placebo seguita da placebo in pazienti adulte con carcinoma endometriale primario avanzato o ricorrente.

I dati sono stati simultaneamente pubblicati sul The New England Journal of Medicine e hanno mostrato un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo nella sopravvivenza libera da progressione per dostarlimab più carboplatino-paclitaxel, in particolare nella popolazione con deficit di riparazione del mismatch (dMMR)/elevata instabilità dei microsatelliti (MSI-H), ma anche nella popolazione complessiva rispetto a placebo più chemioterapia.

I risultati dello studio, condotto su circa 400 donne, hanno mostrato una riduzione del 72% e del 36% del rischio di progressione della malattia o morte rispettivamente nella popolazione dMMR/MSI-H e nella popolazione complessiva.

Il farmaco è un anticorpo monoclonale anti-PD1 e agisce quindi come immunoterapico. “La combinazione immunoterapia più chemio ha mostrato una sopravvivenza a due anni del 76% rispetto al 56% della sola chemioterapia” ha commentato Domenica Lorusso, Professore Associato di Ostetricia e Ginecologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e Responsabile Programmazione Ricerca Clinica della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli di Roma.

“Il 36% delle pazienti non ha avuto recidive a due anni, rispetto al 18% della chemio nella popolazione generale, mentre la sopravvivenza libera da progressione nelle forme dMMR/MSI-H è stata del 61% contro il 15% della chemio”.

 

Non un solo tipo di tumore

Come spiega la professoressa, “si è scoperto che non esiste un unico tipo di tumore dell’endometrio, ma forme diverse tra loro per profilo molecolare e come abbiamo osservato anche in questo studio, i tumori con instabilità dei microsatelliti rispondono meglio all’immunoterapia”.

L’instabilità dei microsatelliti (MSI) e la perdita di funzione delle proteine coinvolte nel sistema mismatch repair del DNA (MMR) sono marcatori prognostici e predittivi in diversi tipi di tumore, come nel tumore del colon retto, dello stomaco e dell’endometrio. 

I microsatelliti sono sequenze ripetute in tandem di DNA non codificante, costituiti da unità di ripetizioni di uno o pochi nucleotidi. Il sistema del MMR si basa principalmente su 4 proteine che lavorano insieme.

La perdita di funzione di queste proteine porta all’inattivazione del MMR e conseguentemente all’instabilità dei microsatelliti.

 

Cos’è il tumore dell’endometrio: sintomi e diagnosi

Estremamente frequente, in Italia colpisce circa 9.000 donne ogni anno ed è una malattia che insorge nel post menopausa (attorno ai 60 anni) e alcuni farmaci e terapie ormonali, usate per esempio per curare alcuni tipi di tumore della mammella, possono favorirla.

Esistono diversi tipi di questo tumore e il 30 per cento ha l’instabilità dei microsatelliti ed è particolarmente sensibile all’immunoterapia.

Non c’è uno screening dedicato, ma nella maggioranza dei casi il carcinoma si manifesta con sanguinamenti anomali. La diagnosi inizia quindi con la visita ginecologica.

Al sanguinamento deve seguire ecografia transvaginale, che mostra spesso un endometrio ispessito. Tuttavia, alcuni tipi di tumore si rilevano su endometrio atrofico.

Successivamente si procede con l’isteroscopia, eseguita ambulatorialmente, che consente la biopsia dei tessuti.

 

Le potenzialità dell’immunoterapia per questo tipo di tumore

“Siamo partiti da una situazione nella quale si dava a tutti la chemio, perché era l’unica arma a nostra disposizione e per questo motivo abbiamo allestito uno studio per valutare anche l’immunoterapia”.

“Alcune pazienti hanno avuto risultati così importanti che ci chiediamo se non sia il caso di sostituire il trattamento con la chemioterapia più l’immunoterapia”.

“Il dato molto chiaro emerso dallo studio è che il farmaco è efficace per tutte le pazienti. In particolare, le pazienti con instabilità dei microsatelliti sono molto responsive”.

“Il beneficio dell’immunoterapia continua anche dopo e si protrae oltre i tre anni. Le mutazioni che induciamo nel sistema immunoterapico sono durevoli”.

 

 

 

 

 

 

 



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