A Londra si incontrano politici e sanitari per discutere del problema dell’assistenza agli anziani, popolazione che sta crescendo sempre più.

 

 

 

“Never too late”, “Mai troppo tardi”, è il titolo di un rapporto ma anche di un summit avvenuto a Londra, non sul Covid-19 ma sull’invecchiamento e sulla prevenzione dei problemi di salute nella popolazione anziana. Un grave pericolo per le economie dei Paesi di tutto il mondo per i costi che graveranno sulla sanità e sul Welfare.

I leader della salute a livello globale si sono incontrati per cercare di coordinare ciò che andrà fatto e sulla definizione delle priorità nella prevenzione delle malattie di fronte alla nuova pandemia che è quella di una popolazione sempre più anziana, in generale in buona salute ma pur sempre afflitta da varie patologie croniche più o meno gravi. Alcune delle quali evitabili o procrastinabili con una corretta politica di prevenzione fin dall’infanzia. Insomma, una scaletta di temi molto ampia, si potrebbe dire quanto una vita umana.

Sul tavolo di lavoro un nuovo rapporto che rivela il principale rischio: il mancato investimento nella prevenzione potrebbe costare ai governi oltre 875 miliardi di euro all’anno. Circa 500 miliardi di sterline rispettando la Brexit nel Paese ospitante il summit.

Chi ha partecipato? Rappresentanti dell’Organizzazione mondiale della salute (OMS), dell’OCSE, del Forum economico mondiale, della Federazione farmaceutica internazionale (FIP), dell’ufficio del Primo Ministro degli Emirati Arabi Uniti. Oltre ai responsabili politici e sanitari britannici. Dietro c’è il lavoro di un anno (prevenzione in un mondo che invecchia) che ha analizzato i diversi sistemi di assistenza sanitaria e pianificato possibili correttivi per prevenire, o per prevenire meglio, le malattie in età avanzata. E c’è un evento satellite tenutosi in Giappone tra i ministri della salute del G20.

 

Il rapporto “Never too late” è frutto del lavoro dell’International Longevity Centre (ILC), il think tank (termine inglese molto utilizzato oggi che in italiano può avere traduzioni diverse ma che a me piace considerare come laboratorio di idee) del Regno Unito specializzato sull’impatto della longevità sulla società e che da quando è stato creato sostiene che i sistemi sanitari hanno la responsabilità di garantire la prevenzione della cattiva salute.

Il rapporto rileva che nei Paesi migliori, nel solo 2017, un complessivo di 27,1 milioni di anni sono vissuti con disabilità a causa di una serie di malattie legate all’età in gran parte prevenibili. Gli anni vissuti in cattive condizioni di salute sono destinati ad aumentare del 17% nei prossimi 25 anni se i governi non cominciano a dare la priorità agli interventi di prevenzione sanitaria lungo tutto il corso della vita. Insomma, non solo il clima e l’inquinamento nel calendario dei lavori ma anche l’invecchiamento in buona salute. Prevenzione della salute del pianeta e delle persone sono strettamente connesse.

I Paesi migliori di cui si parla sono quei Paesi identificati nel rapporto come “High SDI” e “High-mid SDI”. Alto e medio-alto SDI, che è l’indice di sviluppo sociale, ossia una misura dello sviluppo socio-demografico finalizzato a un confronto efficace tra i vari Paesi. Tiene conto del reddito per persona, del livello di istruzione e del tasso di fertilità totale per fissare un indice comparabile.

Tra le persone di età compresa tra i 50 e i 64 anni, queste malattie prevenibili costano meglio 692 miliardi di euro (532 miliardi di sterline) all’anno tra giorni di malattia, invalidità e prepensionamenti.

Entrando nel merito:

  • 390 miliardi di euro a causa di malattie cardiovascolari
  • 250 miliardi a causa del diabete di tipo 2
  • 39 miliardi a causa dell’influenza
  • 9 miliardi a seguito del cancro ai polmoni (per fare un esempio riguardo a un solo tipo di cancro, il più prevenibile se non si fumano sigarette e se migliora l’aria che si respira)
  • 4 miliardi a causa dell’HIV, la sola infezione curata e non la malattia AIDS.

Cifre importanti come si vede e che aggiungendo altri tipi di tumore, la BPCO, l’osteoporosi, le patologie osteoarticolari portano il totale a quasi 800 miliardi. Lasciando fuori le patologie neurodegenerative, per le quali non vi è una linea di prevenzione ancora codificata.

 

I governi di tutto il mondo hanno ripetutamente dichiarato il loro impegno per la prevenzione nel corso della vita, dal sostegno al Decennio dell’invecchiamento della salute dell’OMS alle dichiarazioni del G20 che affermano l’importanza della prevenzione. Tuttavia, nonostante i chiari benefici economici e sociali degli investimenti nella prevenzione, i servizi di prevenzione sono spesso i primi a essere tagliati in tempi di crisi e rimangono costantemente bassi nel computo dei finanziamenti, con una media del 2-4% della spesa sanitaria totale nei Paesi dell’OCSE.

Il rapporto sostiene che, al fine di seguire gli impegni in materia di prevenzione, i governi devono:

  • Democratizzare l’accesso agli interventi preventivi, al fine di affrontare le crescenti disuguaglianze sanitarie;
  • Ispirare e coinvolgere persone, comunità, professionisti e politici nell’obiettivo di promuovere la buona salute e prevenire le malattie; • Utilizzare efficacemente la tecnologia per fornire interventi preventivi.

L’amministratore delegato dell’ILC, la baronessa Sally Greengross, ribadisce a margine del summit: “Sappiamo che la salute preventiva funziona e che i costi economici e sociali della mancata azione sono enormi. E mentre i governi di tutto il mondo hanno sempre più riconosciuto i costi del mancato investimento nella prevenzione, troppo spesso questi servizi sono i primi a essere tagliati in periodi di stretta finanziaria. In un mondo che invecchia ciò deve cambiare. Dobbiamo garantire che le iniziative di prevenzione sanitaria siano focalizzate su tutte le età. Non è mai troppo tardi per prevenire problemi di salute”.

I servizi preventivi, in effetti, dovrebbero essere accessibili a tutti o si corre il rischio di disparità sanitarie ancora maggiori. La tecnologia può svolgere un ruolo, ma si può certo presumere che ci siano facili, ed economiche, soluzioni tecnologiche.

Naoko Yamamoto, vicedirettore generale dell’OMS per la copertura sanitaria universale prima è lapidario: “La salute è fondamentale per il modo in cui viviamo l’età avanzata”. Poi entra nel merito: “La maggior parte dei problemi di salute che si presentano alle persone anziane sono associati a malattie croniche. Molte possono essere prevenute o ritardate impegnandosi in comportamenti sani. In effetti, anche in anni molto avanzati l’attività fisica, una buona alimentazione e l’interruzione del consumo di tabacco possono avere notevoli benefici per la salute e il benessere”.

E allarga il tema: “La prevenzione è primordiale, ma dobbiamo anche rilevare tempestivamente i problemi di salute fisica e mentale, gestirli efficacemente attraverso cure centrate sulla persona e integrate e assicurarci che le persone con condizioni croniche e limitazioni significative nella capacità mentale e fisica vivano in ambienti accessibili e di supporto che consentano loro per continuare ad arrivare dove devono andare e fare quello che devono fare”.

Alyaa Mulla, direttore del Programma nazionale per la felicità e il benessere dell’ufficio del primo ministro degli Emirati Arabi Uniti, commenta: “L’agenda Felicità e benessere degli Emirati Arabi Uniti riguarda il lavoro del governo per integrare i principi del benessere. L’adozione di un approccio alla salute e al benessere nel corso della vita è fondamentale per la prevenzione e gli interventi politici pertinenti”.

Ed ecco Arnaud Bernaert, capo di Shaping the Future of Health and Healthcare e membro del Comitato esecutivo del World Economic Forum: “L’invecchiamento della popolazione è destinato a diventare una delle trasformazioni sociali ed economiche più significative del XXI secolo, con implicazioni per quasi tutti i settori della società. Al Forum economico mondiale sosteniamo un approccio alla longevità sana, con enfasi sulla prevenzione e sull’affrontare i determinanti pro-salute nel corso della vita”. Fatti non parole, senza dimenticare la difesa delle politiche di vaccinazione. Una vita sana è per tutte le età e tutti hanno il diritto di essere protetti dalle infezioni. I vaccini possono fare proprio questo.

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