Come e perché questi virus passano dagli animali all’uomo e cosa si può fare per prevenire altre mutazioni.
David Quammen, scrittore americano esperto in questo ambito (è autore di numerosi libri tra cui “SPILLOVER, l’evoluzione delle pandemie”) ci spiega come questo tipo di virus è arrivato nell’uomo.
Coronavirus è una zoonosi, come la peste bubbonica e l’influenza “spagnola” del 1918. Deriva cioè dall’azione di un patogeno capace di passare dagli animali all’uomo. Questo salto inter specie è più comune che raro: avviene in oltre la metà di tutte le malattie infettive.
Zoonosi è una parola del futuro, destinata a diventare assai più comune nel corso di questo secolo. È un termine tecnico, che spiega l’origine di malattie come Aids ed Ebola. Tutte le specie di animali, di piante, di funghi degli ecosistemi tropicali sono portatrici di virus unici, alcuni potenzialmente mortali per l’uomo, altri innocui: il problema è che non sappiamo quali siano pericolosi.
Ma se si genera un contatto c’è la possibilità dello spillover, letteralmente la “tracimazione” dall’animale “serbatoio” all’uomo, cioè il passaggio da una specie all’altra. A innescarlo però non è il virus, bensì noi stessi. Laddove si abbattono gli alberi e si uccide la fauna, i germi si trovano a volare in giro come polvere che si alza dalle macerie. Un parassita sfrattato dal suo ospite abituale necessita di trovare una nuova casa per non estinguersi. Dunque non ce l’hanno con noi, siamo noi a esser diventati molesti per loro.
La distruzione delle foreste tropicali e l’abitudine di mangiare le scimmie, pipistrelli e i roditori perché le popolazioni locali non hanno altro cibo, costringe i virus a fare il salto di specie e contagiare l’essere umano. Alcuni potrebbero essere anche peggio del Coronavirus.
I virus non hanno intenzioni o obiettivi specifici, semplicemente colgono le opportunità. Se uccidiamo gli animali che per ora ne sono gli ospiti, i virus “saltano” dentro gli esseri umani. Per loro è un eccezionale avanzamento di carriera: passano a vivere nella specie più abbondante sul pianeta. Siamo noi a dare l’opportunità e a creare la necessità di cambiare specie. Però c’è una differenza: diversamente dai virus, noi siamo intelligenti e quindi possiamo cambiare i nostri comportamenti e abitudini, adattandoci e limitandoci nell’alterare gli ecosistemi.
Ma dobbiamo anche combattere mettendo a punto una diagnostica rapida ed efficace e possibilmente dei vaccini, il che comporta investire ancora più soldi. Bisogna sviluppare un sistema di monitoraggio per identificare i nuovi virus molto più precocemente di quanto fatto con questo. Alcuni scienziati eseguono test sui cacciatori africani dopo ogni battuta per vedere quali virus hanno contratto dalle prede. È un sistema di prevenzione rapido ma non efficace: magari ne contraggono venti ma nessuno pericoloso per l’uomo.