I pazienti trattati con carfilzomib, desametasone e daratumumab hanno ottenuto risposte più significative rispetto ai pazienti trattati con la sola associazione carfilzomib e desametasone .
Presentato al congresso mondiale di ematologia lo studio clinico di Fase III CANDOR, che ha valutato carfilzomib in associazione con desametasone e daratumumab (KdD) vs carfilzomib e desametasone da soli (Kd), in pazienti con mieloma multiplo recidivato o refrattario.
Ad un follow-up di 17 mesi, lo studio ha raggiunto l’endpoint primario di sopravvivenza libera da progressione, con una riduzione del 37% del rischio di progressione di malattia o di morte nei pazienti trattati con KdD.
Oltre a soddisfare l’endpoint primario dello studio, la combinazione KdD ha dimostrato di essere efficace anche negli endpoint secondari chiave, inclusi il tasso di risposta globale, la malattia minima residua a 12 mesi e la sopravvivenza globale.
“Con l’uso crescente di terapie di prima linea a base di lenalidomide, sta emergendo la necessità di regimi privi di lenalidomide nelle recidive – ha dichiarato Saad Usmani, Responsabile della Plasma Cell Disorders Division e Direttore della ricerca clinica sui tumori ematologici presso il Levine Cancer Institute (LCI) del network ospedaliero Atrium Health – Lo studio CANDOR dimostra la potenziale efficacia di un regime libero da lenalidomide, che associa due efficaci agenti target e fornisce risposte significative e durature in fase di recidiva”.
Gli eventi avversi segnalati con maggiore frequenza (20% dei soggetti) sono stati: trombocitopenia, anemia, diarrea, ipertensione, infezione del tratto respiratorio superiore, affaticamento e dispnea. L’incidenza di eventi avversi di grado 3 o superiore, gravi e fatali è stata più elevata nel braccio KdD rispetto al braccio Kd. La percentuale di interruzione del trattamento a causa di eventi avversi è stata simile in entrambi i bracci di trattamento.
Lo studio clinico CANDOR
CANDOR è uno studio di fase III randomizzato, in aperto, che valuta l’associazione di carfilzomib, desametasone e daratumumab (KdD) rispetto a carfilzomib e desametasone da soli (Kd). Lo studio ha valutato 466 pazienti con mieloma multiplo recidivato o refrattario, che avevano ricevuto da una a tre terapie precedenti. I pazienti sono stati trattati fino alla progressione della malattia. L’endpoint primario era la sopravvivenza libera da progressione e gli endpoint secondari chiave erano il tasso di risposta globale, la malattia minima residua e la sopravvivenza globale.
Nel primo braccio, i pazienti hanno ricevuto carfilzomib due volte alla settimana e desametasone in associazione con daratumumab. Nel secondo braccio (controllo) i pazienti hanno ricevuto carfilzomib due volte alla settimana al dosaggio e desametasone.
Lo studio CANDOR è stato avviato nell’ambito di una collaborazione con Janssen e, ai sensi di questo accordo, Janssen ha co-finanziato lo studio.
Il mieloma multiplo
Il mieloma multiplo è un tumore ematologico incurabile, molto aggressivo, che colpisce le plasmacellule, un tipo di cellule prodotte dal midollo osseo che, normalmente, hanno la funzione di combattere le infezioni, producendo anticorpi. L’accumulo di queste cellule comporta la formazione di lesioni ossee molto dolorose.
Il mieloma multiplo è una malattia rara, potenzialmente fatale, caratterizzata da uno schema ricorrente di remissioni e recidive. È una patologia dell’età avanzata e l’età mediana alla diagnosi è di 68 anni: circa il 2% dei pazienti all’esordio ha meno di 40 anni, mentre il 38% ha un’età superiore ai 70 anni..
In Italia il mieloma multiplo rappresenta l’1,3% di tutti i tumori diagnosticati nella donna e l’1,2% nell’uomo, con stime che indicano un totale di 2.315 nuovi casi ogni anno nell’uomo e 2.098 nella donna. Se l’incidenza è relativamente stabile, la mortalità è in live calo. In tutto il mondo, ogni anno circa 160.000 persone ricevono una diagnosi di mieloma multiplo, e tra i pazienti vengono segnalati 106.000 decessi.
Carfilzomib
I proteasomi svolgono un ruolo importante nella funzione e nella crescita cellulare, scomponendo le proteine danneggiate o non più necessarie.4 Carfilzomib ha dimostrato di bloccare i proteasomi, determinando un eccessivo accumulo di proteine all’interno delle cellule.5 In alcune cellule, carfilzomib può causare morte cellulare, specialmente in quelle del mieloma, perché è più probabile che queste ultime contengano una maggiore quantità di proteine anomale.
Dalla sua prima approvazione, nel 2012, circa 130.000 pazienti in tutto il mondo hanno ricevuto carfilzomib.