Intervista a Pier Luigi Zinzani, Presidente Comitato Scientifico 47° Congresso SIE, Professore Ordinario di Ematologia, Istituto di Ematologia “L. e A. Seràgnoli” – Università degli Studi di Bologna.
Che novità si registrano nell’ambito dei linfomi non Hodgkin?
Nell’ambito dei linfomi non Hodgkin, aggressivi ed indolenti, un nuovo armamentario terapeutico è rappresentato dagli anticorpi bispecifici che, nell’ambito dei primi studi di fase I-II, hanno mostrato interessanti risultati clinici sia nei linfomi diffusi a grandi cellule ed anche nei linfomi follicolari ricaduti o refrattari a diverse linee di chemio-immunoterapia. Questa loro efficacia è accompagnata da un discreto profilo di tossicità e inoltre la gestione/somministrazione di questi farmaci può essere svolta in regime di day hospital.
Un’altra nuova opzione terapeutica nello stesso gruppo di pazienti, linfomi diffusi a grandi cellule e linfomi follicolari ricaduti/refrattari, è rappresentata da un nuovo “checkpoint inhibitor” macrofagico: l’anticorpo anti CD47 in combinazione con il rituximab. Il meccanismo di questo anticorpo sfrutta il riconoscimento e l’attivazione nei confronti della cellula linfomatosa da parte del sistema immunitario del paziente. I risultati preliminari sono molto incoraggianti con una tossicità veramente bassa.
Esistono altri approcci chemio-free per il trattamento di queste patologie?
Il concetto di “chemio-free” terapia nell’ambito dei linfomi follicolari ha trovato un suo reale spazio con la combinazione di lenalidomide, un immunomodulante, ed il rituximab (un anticorpo monoclinale anti-CD20): Nell’ambito dei linfomi follicolari ricaduti/refrattari ha avuto recentemente l’indicazione ufficiale da parte della FDA ed è prossima l’indicazione anche da parte dell’EMA. I risultati dello studio registrato ed il successivo aggiornamento hanno mostrato ottime risposte cliniche con la contemporanea netta riduzione della tossicità ematologia ed extraematologica tipica della chemioterapia.
Quali novità invece nei linfomi di derivazione T- linfocitaria?
Nell’ambito dei linfomi di derivazione di T-linfocitaria, l’anticorpo anti-CCR4 – il mogamulizumab – ha mostrato interessanti risultati nei pazienti ricaduti/refrattari con linfoma primitivo cutaneo quali la sindrome di Sezary e la micosi fungoide. In questo ambito che storicamente è un “unmet medical need” questo anticorpo ha aperto ed aprirà nuovi scenari terapeutici.