Dalla ricerca arrivano risultati importanti in termini di innovazione terapeutica. Parla Giampaolo Tortora Professore Ordinario e Direttore di Oncologia Medica Policlinico “A. Gemelli” IRCCS di Roma.

 

 

Come si caratterizza il tumore al seno metastatico? Cosa lo differenzia rispetto alla forma non metastatica? Come impatta il tumore al seno metastatico sulla vita delle donne dal punto di vista clinico e psicologico?

Il tumore della mammella metastatico, o in fase di malattia avanzata, una neoplasia che dalla sede primitiva, la ghiandola mammaria, da cui è originato si è diffuso a distanza sia per via linfatica sia per via ematica e purtroppo ha invaso uno o più di questi organi: linfonodi, fegato, polmone, ossa, cervello. Parliamo quindi di una malattia che ha un impatto da un punto di vista clinico, con la relativa sintomatologia che varia a seconda dell’organo colpito, e psicologico, molto pesante.

Questo perché in qualche modo la malattia ancora localizzata al seno, che sia operabile o meno, psicologicamente da l’idea di qualcosa che ancora, per quanto possa essere inizialmente mutilante sull’Io corporeo, può essere portato via e guarito trattandosi di un organo esterno. La malattia metastatica cambia completamente la prospettiva perché parliamo di un tumore che ha colonizzato gli organi interni e più importanti.

Quindi, da un punto di vista biologico, clinico e psicologico un salto nel vuoto. Bisogna dire a ragion del vero che oggi stiamo affinando la caratterizzazione del tumore al seno metastatico, con la possibilità di identificare i profili molecolari dei tumori e di riconoscere almeno 21 diversi istotipi invasivi.

Stiamo imparando a riconoscere e a separare in qualche modo l’aspetto clinico, cioè dove è situata la malattia, da un aspetto di tipo biologico e molecolare che ci dice di che tipo di malattia stiamo parlando. Perché, naturalmente cambiano anche le prospettive di cura, la sopravvivenza delle donne e l’impatto psicologico.

 

Qual è lo scenario epidemiologico nel Lazio del tumore al seno, in particolare del tumore al seno metastatico?

In Italia nel 2019 i dati dell’AIRTUM stimano 53.500 nuovi casi di tumore della mammella, in aumento.  Ma dobbiamo precisare che nel nostro Paese vivono più di 37.000 donne che hanno avuto una diagnosi di tumore della mammella metastatico. Quindi, ci sono tante donne per fortuna viventi con questo tumore. Nel Lazio secondo i dati AIRTUM del 2018 sono stati diagnosticati quasi 5.000 nuovi casi di cancro della mammella. Numeri importanti.

 

Negli ultimi anni la ricerca ha compiuto notevoli progressi nel trattamento di questo tumore. Quali sono i risultati più significativi e quali le prospettive per le pazienti? Cosa ci possiamo aspettare dalle innovazioni terapeutiche?

Provando a categorizzare i diversi tipi  principali di tumori anche rispetto all’età di insorgenza – quella più precoce rappresenta una problematica ancora più gravosa – si tende a distinguere i tumori mammari che esprimono i recettori ormonali (+) e i tumori mammari che esprimono anche alcuni recettori di fattori di crescita, come HER-2 e il cosiddetto triplo negativo che non ha  né il recettore degli estrogeni, né quello del progesterone e nemmeno il recettore del fattore di crescita, per  il quale non avevamo ad oggi opzioni terapeutiche particolarmente efficaci.

In tutte le categorie si stanno registrando risultati molto, molto importanti. Nei tumori che hanno i recettori ormonali, oltre ad efficaci terapie che bloccano l’attività ormonale soprattutto degli estrogeni e del progesterone, da pochissimo tempo abbiamo a disposizione farmaci che bloccano la macchina proliferativa. La combinazione della terapia tradizionale con questa nuova classe di farmaci ha prodotto un salto di qualità formidabile nel trattamento delle donne sia in pre- che in post-menopausa.

Per il secondo gruppo, quei tumori che esprimono il recettore del fattore di crescita HER-2, c’è uno sviluppo costante di nuovi agenti biologici in grado di bloccare questo recettore.

Sicuramente il risultato più clamoroso ottenuto è stata la dimostrazione che, mentre una donna che ha una iperespressione di questo recettore avrebbe un’attesa di vita che è la metà di quella di una donna che non ha l’espressione di questo recettore, la disponibilità di questi farmaci biologici (inibitori della chinasi ciclina dipendente) che lo bloccano è attualmente in grado di neutralizzare completamente questo fattore detrimentale.

Pertanto oggi le donne che presentano questa caratteristica hanno un’aspettativa di vita uguale a quella delle pazienti che non hanno questo recettore.

Il terzo sottogruppo è quello dei tumori mammari triplo negativi. Per queste pazienti non possono essere usati né le terapie ormonali né i biologici. Questa è la categoria più sfortunata, vediamo che questo tipo di tumore colpisce con una certa frequenza donne più giovani e a parte la chemioterapia con risultati ancora non ottimali ad oggi non avevamo nulla.

Ebbene, risultati recentissimi emersi proprio quest’anno nei principali congressi europei e statunitensi hanno dimostrato che l’immunoterapia associata alla chemioterapia è in grado di far scomparire le cellule tumorali dalla mammella e dai linfonodi prima dell’intervento chirurgico. Quindi le pazienti vanno all’intervento “ripulite”.

È un passo avanti enorme perché per la prima volta nel tumore triplo negativo abbiamo un effetto molto potente dell’immunoterapia, la nuova frontiera. Dunque, le prospettive per il futuro sono molto importanti e incoraggianti. La ricerca non si ferma, abbiamo evoluzioni tecnologiche dei farmaci già disponibili e l’ingresso delle terapie immunologiche per i tripli negativi che lascia immaginare un cambiamento di prospettiva assai significativo.

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