batteri

In particolare i postbiotici rappresentano una nuova categoria di alimenti funzionali (novel food) a supporto dell’equilibrio intestinale e finalizzati a esercitare azioni specifiche nell’organismo. Il primo postbiotico messo a punto e autorizzato dall’EFSA (European Food Safety Authority) nel 2021 come novel food è stato Akkermansia muciniphila pastorizzato.

 

Il microbiota intestinale, l’insieme dei batteri che colonizzano il nostro intestino, è fondamentale per alcune funzioni regolatorie del nostro organismo.
Questi microrganismi, infatti, fungono da supporto alla funzionalità digestiva e modulazione del metabolismo energetico (assorbimento e trasformazione dei nutrienti), al mantenimento dell’integrità e della corretta funzionalità della barriera intestinale, alla regolazione della risposta immunitaria e infiammatoria, svolgono funzioni di difesa nei confronti di agenti patogeni introdotti con l’alimentazione o già presenti in minime quantità nel lume intestinale e da supporto alla corretta funzionalità del sistema nervoso centrale e come modulatori della risposta allo stress, attraverso il cosiddetto “asse intestino- cervello-microbiota”.

La composizione di questa “comunità microbica”, differente da persona a persona, si definisce a partire dal momento della nascita attraverso l’interazione dinamica tra microrganismi intestinali e ospite, ed è influenzata da moltissimi fattori quali la nascita a termine o pretermine; la modalità di parto per via vaginale o con taglio cesareo; l’allattamento al seno o con formule latte, le modalità di svezzamento; l’esposizione a stress ambientali e psicofisici precoci di vario tipo.

Nel neonato, il microbiota intestinale è dominato da bifidobatteri, ma entro il 3° anno di vita si diversifica e si arricchisce di altri generi e specie microbiche, raggiungendo una composizione stabile che sarà mantenuta nel corso della vita adulta.

Abbondanza, ricchezza e diversità microbica e genomica sono considerate caratteristiche chiave di un microbiota adulto “sano”, in quanto maggiormente in grado di rispondere al mutamento delle condizioni cui è esposto e di svolgere tutte le funzioni necessarie all’ospite in modo adeguato. 

Con l’avanzare dell’età, tuttavia, la comunità batterica intestinale tende spontaneamente a impoverirsi e a diventare più fragile e instabile, con ripercussioni negative per il benessere e la salute complessiva dell’anziano, soprattutto (ma non solo) sul fronte nutrizionale e metabolico, infiammatorio e immunitario.

A ogni età, la composizione e l’abbondanza del microbiota possono essere alterate in modo acuto o cronico da molti fattori che ne destabilizzano l’equilibrio in modo significativo, determinando l’insorgenza di disbiosi e potenziali malesseri/disfunzioni.

Primo fra tutti la dieta occidentale/sbilanciata; lo stile di vita poco sano (sedentarietà, fumo, assunzione di alcolici ecc.); il sovrappeso/obesità.

Ma a contribuire alla sua alterazione ci sono anche l’assunzione di antibiotici o altri farmaci in grado di modificare l’ambiente intestinale o di interferire con il metabolismo batterico; le variazioni ormonali fisiologiche o patologiche (gravidanza, menopausa, disfunzioni endocrine associate alla sindrome dell’ovaio policistico); l’insorgenza di malattie acute o croniche di varia natura.

Viceversa, è stato osservato che numerose condizioni patologiche si associano a disbiosi intestinali o, comunque, a particolari assetti microbici, caratterizzati dall’inusuale predominanza di alcuni generi o specie batteriche e/o dalla carenza di altri.

Tra queste, si hanno a disposizione maggiori evidenze per la sindrome dell’intestino irritabile; per le malattie infiammatorie croniche intestinali, come la colite ulcerosa e la malattia di Crohn; per la celiachia; per il tumore del colon-retto; per il diabete di tipo 2, sindrome metabolica e obesità (spesso presenti in associazione tra loro); per il “fegato grasso”, l’encefalopatia epatica (che può insorgere come complicanza della cirrosi epatica), alcune patologie neurodegenerative come la malattia di Parkinson e di Alzheimer e disturbi psichiatrici (disturbi dello spettro autistico, stress, depressione, ansia ecc.).

Sono stati condotti numerosi studi nel tentativo di individuare preparati in grado di supportare il mantenimento o il ripristino di un ecosistema microbico enterico “eubiotico”, ossia capace di interagire in modo ottimale con il proprio ospite e di garantirne il massimo stato di benessere.

Il risultato è l’individuazione di numerosi preparati probiotici, prebiotici, simbiotici e – più di recente – postbiotici, contenenti differenti tipologie di microrganismi e/o sostanze e caratterizzati da azioni favorevoli per l’ospite, mediate dal microbiota intestinale.

Pur avendo il medesimo fine di supportare l’equilibrio intestinale e di esercitare funzioni benefiche specifiche per l’organismo umano, probiotici, prebiotici, simbiotici e postbiotici sono prodotti molti diversi tra loro per tipologia di sostanze contenute e meccanismi d’azione a livello del microbiota o di processi biologici modulati.

In particolare i postbiotici rappresentano una nuova categoria di alimenti funzionali (novel food) a supporto dell’equilibrio intestinale e finalizzati a esercitare azioni specifiche nell’organismo.

Più precisamente, secondo la definizione dell’ISAPP (International Scientific Association for Probiotics and Prebiotics), un “postbiotico” è un “microrganismo inattivato, somministrato con o senza i suoi componenti strutturali e metaboliti, che conferisce un beneficio salutistico all’ospite”.

Il primo postbiotico messo a punto e autorizzato dall’EFSA (European Food Safety Authority) nel 2021 come novel food è stato Akkermansia muciniphila pastorizzato.

Questo batterio, presente naturalmente nell’intestino umano, e disponibile sotto forma di postbiotico, è in grado di agire positivamente sull’integrità della barriera gastrointestinale, apportando benefici significativi nella gestione dei disturbi funzionali intestinali, come la sindrome dell’intestino irritabile.

Akkermansia muciniphila contribuisce a preservare la funzione barriera dell’intestino.

La carenza di Akkermansiaè stata associata a una serie di disturbi gastrointestinali ed extraintestinali, tra cui obesità, diabete di tipo 2 e condizioni infiammatorie intestinali (IBS).

Inoltre,Akkermansia muciniphila, agisce positivamente sul controllo del metabolismo attraverso la modulazione della glicemia, riducendo i picchi glicemici.

Questi effetti sono attribuiti alla capacità del batterio di modulare i livelli di glucagon-like peptide-1 (GLP-1), ridurre l’assorbimento dei carboidrati e migliorare la salute generale del metabolismo.

L’applicazione clinica di A. muciniphila è stata studiata anche in soggetti con sindrome metabolica, dove è stato osservato un miglioramento significativo della resistenza all’insulina e dei livelli di colesterolo plasmatico dopo un trattamento di tre mesi: questo suggerisce che il batterio rappresenti un’opzione valida anche a supporto dei disturbi metabolici.

“Akkermansia muciniphila sta cambiando il paradigma della cura gastrointestinale. Questo batterio ha un ruolo cruciale nella modulazione della salute intestinale e i benefici che stiamo osservando nei pazienti vanno oltre la gestione dei sintomi immediati”, spiega Antonio Gasbarrini, professore ordinario di medicina interna presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, direttore della UOC Medicina Interna e Gastroenterologia e del Centro Malattie dell’Apparato Digerente (CEMAD) della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli di Roma.

Akkermansia muciniphilarappresenta ad oggi l’attore principale nel crocevia tra le disbiosi, le alterazioni della permeabilità intestinale e le loro conseguenze sistemiche croniche: un’opportunità con un eccellente profilo di sicurezza e tollerabilità per rafforzare la salute dell’intestino e invertire situazioni di squilibrio che porterebbero verso patologie croniche severe”,