La situazione del consumo di tabacco in Italia e nel mondo.

 

Riduzione del danno per i fumatori adulti che non riescono a smettere e giovani che non devono mai iniziare a fumare e che con le nuove sigarette elettroniche rischiano la fatale attrazione. Questi i due principali temi sul tappeto socio-politico-sanitario rispetto alle e-cig e al “fumo freddo”. Poi, e non è poca cosa, c’è il tema della ricerca pubblica e indipendente in materia, che se effettuata taglierebbe la testa al toro delle polemiche. Tutti la mettono al primo posto ma nessuno la promuove ne eroga fondi per farla. Se a finanziare sono le multinazionali del tabacco allora a priori la ricerca non vale.

Cerchiamo di fare il punto sintetizzando gli ultimi forum ed eventi mondiali al riguardo.

Tabacco e tattiche dell’industria per attirare le giovani generazioni”. È il tema scelto dall’OMS per la Giornata mondiale senza tabacco 2020 del 31 maggio. L’OMS vuole sfatare alcuni miti sul tabacco per fornire ai giovani conoscenze e strumenti per fare scelte di vita salutari e non cedere alle lusinghe di prodotti gravemente nocivi per la salute. Ripetiamo qui alcuni punti chiave, già scritti in capitoli precedenti ma che vale la pena ribadire.

L’uso di tabacco è responsabile del 25% di tutti i decessi per cancro a livello globale. La nicotina e prodotti del tabacco aumentano anche il rischio di malattie cardiovascolari e polmonari. Oltre 1 milione di persone muoiono ogni anno per l’esposizione al fumo passivo.

Scelte salutari sono particolarmente importanti in questo momento poiché i primi studi disponibili mostrano un rischio di malattia Covid-19 più severa tra i fumatori (il che poi è stato in parte smentito, ndr). L’OMS invita, pertanto, tutti i giovani a unirsi per diventare una generazione senza tabacco.

 

Il fumo durante il lockdown

Secondo i dati dell’italiano Istituto Superiore di Sanità (ISS), durante il lockdown sono diminuiti i fumatori di sigarette tradizionali, ma sono aumentati i consumatori di tabacco riscaldato e sigaretta elettronica (e-cig), alto il numero anche di chi li ha provati per la prima volta proprio durante questo periodo. Tra i fumatori di sigarette tradizionali chi non è riuscito a smettere ha invece aumentato il numero di sigarette fumate. I dati sono stati presentati nel corso del convegno annuale dell’ISS, che quest’anno, a causa della pandemia Covid-19, si è tenuto in streaming.

Durante il lockdown la prevalenza dei fumatori è passata dal 23,3% al 21,9%: 1,4 punti percentuali in meno che corrispondono ad una stima di circa 630 mila fumatori in meno (circa 334 mila uomini e 295 mila donne). Rispetto alle fasce d’età hanno cessato il consumo di sigarette circa 206 mila giovani tra 18-34 anni, 270 mila tra 35 e 54 anni e circa 150 mila tra 55 e 74 anni. Inoltre, un altro 3,5% della popolazione pur non cessando completamente il consumo dei prodotti del tabacco ha diminuito la quantità consumata.

 

I dati in Italia

In occasione della Giornata mondiale senza tabacco 2020, il Ministero della Salute pubblica, come ogni anno, il Report Prevenzione e controllo del tabagismo.
Secondo i dati ISTAT, in Italia i fumatori, tra la popolazione di 14 anni e più, sono poco meno di 10 milioni (ma c’è chi stima che siano circa 12 milioni). Basandosi, però, sui dati ISTAT, la prevalenza è scesa per la prima volta sotto il 19% ed è pari al 18,4%. Il fumo è più diffuso nella fascia di età che va tra i 20 e i 44 anni.

Si stima che siano attribuibili al fumo di tabacco oltre 93 mila morti l’anno nel nostro Paese; più del 25% di questi decessi è compreso tra i 35 ed i 65 anni di età. Per quanto riguarda il carcinoma polmonare, una delle principali patologie fumo correlate, nel nostro Paese la mortalità e l’incidenza sono in calo tra gli uomini ma in aumento tra le donne, per le quali questa patologia ha superato il tumore allo stomaco, divenendo la terza causa di morte per neoplasia, dopo il tumore al seno e al colon-retto.

 

Il fumo di sigarette nei minori

Per quanto riguarda i minori, i dati forniti dallo studio HBSC  (Health Behaviour in School-aged Children, Comportamenti collegati alla salute in ragazzi di età scolare) che coinvolge gli studenti di 11, 13 e 15 anni in tutte le Regioni italiane mostrano che nel 2018, anno dell’ultima rilevazione, la quota di ragazzi che dichiarano di aver fumato sigarette almeno un giorno negli ultimi 30 giorni aumenta sensibilmente con il progredire dell’età, sia nei ragazzi che nelle ragazze, con una marcata differenza di genere a 15 anni (24,8% nei ragazzi, 31,9% nelle ragazze).

 

Sigarette elettroniche e prodotti senza tabacco

Anche la presenza sul mercato di nuovi prodotti (sigarette elettroniche e prodotti senza combustione) può risultare attrattiva per i giovani in quanto tali prodotti possono erroneamente essere considerati a rischio ridotto per la salute. Le attuali evidenze scientifiche non consentono di sostenere questa affermazione e di conoscere gli effetti a lungo termine del loro consumo, ma sigarette elettroniche e prodotti senza combustione, spesso promossi come tali, possono creare dipendenza, se contengono nicotina, e causare danni per la salute.

Occorre, pertanto, continuare ad investire nelle strategie efficaci di contrasto al tabagismo che includono azioni di promozione della salute, supporto alla cessazione e politiche di riduzione della domanda e dell’offerta (estensione degli spazi in cui non è consentito fumare, regolamentazione della pubblicità, politiche fiscali e dei prezzi). Dopo questa giornata però c’è stata la decisione dell’americana FDA che nell’approvare la commercializzazione negli Stati Uniti del device IQOS, per il fumo senza combustione, ne riconosce l’utilità per la riduzione del danno e quindi l’utilità ai fini della salute pubblica.

 

Riduzione del danno nelle malattie non trasmissibili. La ricetta da Parigi: prevenzione e innovazione tecnologica

Parigi 2019, prima Conferenza internazionale sulla riduzione del danno nelle malattie non trasmissibili (International conference on harm reduction in non communicable disease). Le malattie non trasmissibili (NonCommunicable Diseases, NCDs), come ad esempio cancro, diabete, malattie cardiovascolari e malattie respiratorie croniche, sono responsabili del 72% di tutti i decessi e la principale minaccia alla sostenibilità dei sistemi sanitari nazionali. Oltre 40 milioni di morti ogni anno e di queste circa 15 milioni sono morti premature, che interessano individui tra i 30 e i 69 anni. Si tratta inoltre di malattie che per circa i tre quarti interessano individui che vivono in Paesi a medio o basso reddito, rappresentando pertanto un ostacolo allo sviluppo.

Il contrasto alle malattie non trasmissibili è diventato uno degli obiettivi di sostenibilità (Sustainable Development Goals – SDGs) dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’ONU, sottoscritta nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri. Si tratta di 17 Obiettivi (SDGs), dettagliati in 169 target specifici, che mirano a ridurre la povertà, proteggere il pianeta e assicurare il benessere per tutti gli individui. In particolare, il target 3.4 all’interno del macro-obiettivo “Salute e Benessere” si pone l’obiettivo di ridurre di un terzo entro il 2025 le morti provocate da malattie non trasmissibili. E la prevenzione rappresenta uno degli assi fondamentali per una strategia integrata di contrasto alle NCDs. Come affermato dalla dichiarazione politica adottata nel corso del primo High-level Meeting che si è tenuto nel 2011, occorre muoversi nella direzione di ridurre i livelli di esposizione dei cittadini a fattori di rischio. Tra gli interventi da adottare in tal senso “le misure per migliorare la qualità dell’aria, la promozione di diete più salutari, le politiche per l’eliminazione del fumo e per un consumo bilanciato di alcol”.

L’Italia sta lavorando, secondo il Piano d’azione globale sulle NCDs, con l’obiettivo di raggiungerne gli obiettivi, compresa la riduzione relativa del 25% della mortalità prematura da NCDs entro il 2025. Tuttavia, ancora molto resta da fare per ridurre i fattori di rischio, a partire da ingenti investimenti nella prevenzione, fino all’elaborazione di modelli di cura e forme di collaborazione tra diversi attori quali: le Istituzioni, le università, la società civile e il settore privato.

 

E si parla del tabacco riscaldato

Prevenzione e riduzione del danno quindi le due strade più adatte per rispettare quanto auspicato dall’Agenda 2030 rispetto al target fissato per il 2025 riguardo alle malattie non trasmissibili. Di casa a Parigi l’oncologo francese David Khayat, past president del French National Cancer Institute. Un commento?  “Certo. Ormai conosciamo il peso dello stile di vita sul rischio di sviluppare importanti malattie croniche, dal diabete ai tumori. Ma non è affatto semplice modificare le abitudini delle persone. E questo anche se sono consapevoli del pericolo: basti pensare che il 64% dei pazienti con tumore ai polmoni continua a fumare. Ecco perché, da oncologo, sono convinto dell’importanza di un approccio che punti alla riduzione del danno”. Come fare, allora, per far cambiare alle persone comportamenti dannosi per la loro salute? “Non è affatto facile – confessa l’oncologo -. Quando diciamo ai nostri pazienti di mangiare meno grassi e zuccheri, stiamo applicando una riduzione del danno. E ormai abbiamo degli strumenti per ridurre i danni del tabagismo. Esiste la terapia sostitutiva alla nicotina, sotto forma di farmaci, gomme e cerotti, ma gli studi ci dicono che alla lunga ha un piccolo impatto per portare le persone a smettere”. Che cosa pensa della ricerca sulle e-cig e i prodotti a tabacco riscaldato? “Tre anni di test effettuati dalla Food and Drug Administration (FDA) americana sul tabacco riscaldato ci dicono che si tratta di un prodotto meno pericoloso delle sigarette tradizionali. È questo è quanto volevamo sapere nell’ottica della riduzione del danno”. Ma c’è chi sostiene che non sia poi così sicuro in termini assoluti. Risponde Khayat: “Sicuro in termini assoluti non possiamo dirlo ma di certo è più sicuro delle sigarette. È dimostrato che si riduce di oltre il 90% l’esposizione a sostanze tossiche. Se per me, da oncologo, il sogno è che sempre più persone smettano di fumare, ora però mi sento di poter dire loro che esistono delle opzioni meno dannose rispetto alle sigarette tradizionali”.

 

Un tema, quello della riduzione del danno. nel caso del tabagismo, sul quale l’Organizzazione mondiale della sanità si è anche di recente mostrata scettica.

“Il punto è che la FDA ci dice se un nuovo device è più sicuro di ciò che esisteva finora, mentre l’OMS punta sulla sicurezza in termini assoluti. È una questione di prospettive – insiste Khayat – ma la realtà con cui dobbiamo fare i conti è che aiutare le persone a smettere non è affatto semplice. Oggi abbiamo degli strumenti nuovi e sono in corso degli studi per comprenderne al meglio gli effetti, anche a lungo termine. Ma quello che sappiamo finora ci porta a dire che si tratta di soluzioni valide per la riduzione del danno”.

 

Di recente però c’è stato un allarme vaping negli Stati Uniti, che ha agitato i diversi Stati e che si è spento del tutto solo con la comparsa dell’allarme Coronavirus. Che cosa ne pensa?

“Semplice. I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) americani hanno dimostrato che i seri danni polmonari rilevati in giovani pazienti erano dovuti al fatto di svapare liquidi illegali dal mercato nero, a base di Thc e contenenti una sostanza, la vitamina E acetato, che distrugge i polmoni. Dunque, conosciamo il colpevole, e per fortuna questo tipo di mercato nero illegale ancora non ha preso piede in Europa. Non a caso ha riguardato solo gli Stati Uniti”, spiega Khayat.

Ed ecco un altro oncologo di fama, presente a Parigi. Il britannico Peter Harper, ex responsabile del Guy’s, King’s and St. Thomas Hospital di Londra. Parte subito una critica all’OMS: “L’ultimo loro report non si basa su tutte le evidenze scientifiche disponibili per le sigarette elettroniche. Un corretto stile di vita è fondamentale per contrastare le malattie croniche, dai tumori, al diabete. Ormai conosciamo le scelte ‘giuste’ per la nostra salute. Ma non sempre è facile farle. Per questo, da medico, sono convinto che sia corretto parlare di riduzione del danno, e proporre delle opzioni concrete ai miei pazienti”. Sembra di sentire i concetti espressi anni prima da un altro oncologo di fama, Umberto Veronesi. “L’ho conosciuto”, confida Harper.

Un miliardo di adulti nel mondo fuma e, anche se nei prossimi anni si attende un calo della prevalenza del tabagismo, il numero dei fumatori, a causa dell’aumento della popolazione, dovrebbe rimanere inalterato. Si stima che in Italia i fumatori sono 11,6 milioni (ecco il dato che non corrisponde a quello ISTAT).

 

Stili di vita letali

“Almeno 7 cause di morte su 10 – sottolinea Harper – sono collegate direttamente allo stile di vita, ai comportamenti e alle scelte personali. Un cambiamento dello stile di vita è la misura più potente ed efficace per ridurre al minimo il pericolo di molte malattie croniche. Ma come può un medico bilanciare la libertà del paziente di scegliere come vivere, con la conoscenza degli effetti di queste scelte per la salute? Quello che facciamo, come medici, alla fine è ridurre i rischi legati allo stile di vita. E questo sia che io stia consigliando il vaccino contro il Papillomavirus per ridurre il pericolo di cancro del collo dell’utero, sia che stia raccomandando di usare il casco sulle piste da sci, sia che stia suggerendo un’alternativa meno dannosa a un fumatore che non riesce a smettere”.

“Smettere di fumare è davvero importante. Nel secolo scorso abbiamo avuto 100 milioni di morti nel mondo legate al tabacco e per questo secolo le cose non andranno meglio: avremo un miliardo di decessi correlati al fumo“, prevede Laura Rosen del Department of Health Promotion della Tel Aviv University (Israele). “Oggi – aggiunge Rosen – sappiamo che i danni da fumo sono collegati alla combustione e abbiamo a disposizione diversi device pensati per aiutare a smettere. Farlo, infatti, aumenta fino a 10 anni l’aspettativa di vita. Ma quanto sono efficaci i device disponibili? Una metanalisi di 61 studi ha mostrato che, con le terapie sostitutive a base di nicotina, dopo 4 anni il 14% di chi aveva tentato era riuscito a smettere. Un risultato c’è, ma tutto sommato migliorabile. La nicotina è la sostanza che causa dipendenza, ma i danni sono causati dalla combustione. Occorre trovare nuove tecnologie per somministrare nicotina in modo più sicuro, tecnologie gestite dai medici e inaccessibili ai giovanissimi“.

 

Futuro tecnologico

Che cosa emerge, tra l’altro, da Parigi? Che la medicina deve oggi prestare particolare attenzione ai potenziali benefici che lo sviluppo della tecnologia può portare, consentendo la sostituzione di beni e servizi che generano esternalità negative con nuovi prodotti e processi che presentano un impatto sociale ed ambientale positivo, o quantomeno con ridotte ripercussioni negative. Il futuro dell’umanità passa inevitabilmente dalla costruzione di modelli di produzione e consumo sostenibili supportati da un’appropriata gestione dei processi di innovazione. Innovazione che può rendere disponibili processi e prodotti in grado di modificare abitudini dannose per la salute. È importante, però, sottolineare – è il messaggio di Parigi – come la riduzione del danno non deve sostituire le politiche di prevenzione e controllo, ma integrarle, costituendo una componente diversa dello stesso disegno di politica sociale. Esistono due filoni di pensiero riguardo alla relazione fra la prevenzione e il principio di riduzione del danno: il primo prevede l’applicazione del principio di riduzione del danno solo nei casi in cui ogni azione e iniziativa preventiva sia fallita; il secondo, invece, afferma l’esistenza di un continuum sinergico fra prevenzione e principio di riduzione del danno, che agiscono parallelamente al fine di preservare e migliorare lo stato di benessere e salute dei cittadini.

Si tratta di una logica di intervento fondata sull’assunto che, quando non appare realistico eliminare gli effetti negativi di un determinato comportamento, sia più ragionevole e funzionale mitigarne gli impatti. Ciò si verifica in modo particolare per quei comportamenti o consumi che, pur essendo potenzialmente dannosi per l’individuo, sono necessari nel suo attuale contesto di vita (l’esempio tipico è quello delle esternalità negative associate al trasporto) oppure fortemente radicati nella sua personalità, in quanto contribuiscono a definirne l’identità stessa (come nel caso del consumo di prodotti a base di tabacco o di determinate categorie di alimenti).

In sintesi, e in conclusione, Parigi ci dice che “le politiche di riduzione del danno si collocano in un’area di spinta “controllata” all’innovazione, soggetta al rigoroso riscontro della comunità scientifica”. Esempi concreti dell’applicazione di questo principio sono riscontrabili in tutti i settori “responsabili” dei fattori di rischio delle NCDs quali quello automobilistico, alimentare, energetico e del tabacco.

 

Ma il problema sono le sigarette o la nicotina?

“La nicotina ritengo sia un po’ troppo ‘demonizzata’. È semplicemente una sostanza che condivide molte qualità con sostanze non ritenute così dannose, come la caffeina o la teina. È semplicemente conosciuta per essere associata al tabacco di sigaretta. L’abuso è ovviamente dannoso, ma esattamente come lo è quello delle sostanze citate prima. Credo la nicotina sia oggi un po’ un capro espiatorio. Il danno della sigaretta risiede soprattutto nella combustione del tabacco, della carta, prodotti che possono darci nicotina più pulita hanno un rischio enormemente ridotto. Che poi ci sia sempre alla base un rischio, perché ogni sostanza può avere effetti benefici in certe concentrazioni ma può diventare tossica in condizioni più elevate, questo lo si sa, come accade anche per alcune spezie che utilizziamo oggi in cucina”. Chi parla è un ricercatore italiano, la platea è quella mondiale del Forum Globale sulla nicotina svoltosi a Varsavia. Massimo Caruso si occupa di malattie respiratorie, patologia e immunopatologia presso l’università di Catania ed è un esperto del CoEHAR, il Centro di Eccellenza internazionale per la Riduzione dei danni da fumo. Un suo lavoro presentato a Varsavia ha mostrato in vitro gli effetti battericidi della nicotina, in risposta ad altri studi che ipotizzavano il contrario. E proprio al riguardo aggiunge: “Auspico ci sia presto una ‘standardizzazione’ dei metodi di studio, perché numerosi studi credo abbiano un’impostazione sbagliata alla base, giungono a conclusioni troppo lontane dalla realtà. In vitro si osservano studi ‘aberranti’, in cui c’è una esposizione totalmente errata a seconda del tipo di modello cellulare che si sta usando, per giungere a conclusioni totalmente lontane dalla realtà dell’utilizzo della sigaretta elettronica o della sigaretta o del prodotto che si vuole testare nell’idea originale dello studio. Auspico che ci siano delle linee guida serie, costruite da scienziati, produttori, utilizzatori e da associazioni di categoria, che possano cominciare a dare dei risultati che si possano confrontare per trarre conclusioni scientificamente valide. La classe medica credo non sia molto sensibilizzata alla base”.

 

Danni sovrastimati

A Caruso fa eco un ricercatore americano, tramite lo studio che presenta. “I danni della nicotina sono sovrastimati. Non è un veleno, non è cancerogena e non provoca problemi ai polmoni. L’unico danno accertato sull’uomo è la dipendenza, come accade con caffeina, zuccheri e alcol”, dice Maciej Goniewicz, ricercatore del Roswell Park Cancer Institute Buffalo di New York, che aggiunge: “Benché possa accelerare battito cardiaco e pressione, non è considerata un fattore di rischio significativo per eventi cardiovascolari”. Riccardo Polosa, ordinario di Medicina interna dell’Università di Catania, direttore del CoEHAR e membro del team di esperti nazionali ed internazionali convocati dal Ministero della Salute per il monitoraggio sugli effetti delle sigarette senza combustione, ci aiuta a filtrare le informazioni più interessanti emerse dal Forum. Anche se “non ne va consigliato l’utilizzo”, dice Polosa, “non è la nicotina il problema dei fumatori di sigarette tradizionali o elettroniche. La dannosità di prodotti da fumo è dettata dagli strumenti attraverso cui si assume nicotina, ovvero la combustione, che produce sostanze tossiche e cancerogene come il monossido di carbonio, sostanze ossidanti e nitrosamine”. E per quanto riguarda le sigarette elettroniche, afferma, “la ricerca deve concentrarsi sugli aromi aggiunti ai liquidi, di cui sappiamo poco dal punto di vista tossicologico quando vengono assunti tramite inalazione”.

Al di là della concentrazione in nicotina, gli effetti dannosi legati all’abitudine tabagica sono dovuti soprattutto alle sostanze che si sviluppano durante la combustione della sigaretta; tra le 4000 riscontrate nel fumo di tabacco ve ne sono almeno un sessantina di cancerogene (ricordiamo appunto le nitrosamine, poi il benzopirene e vari composti aromatici), ed altre velenose, come l’arsenico ed il cianuro, o irritanti, vedi ammoniaca e formaldeide.

Ed ecco Pasquale Caponnetto, coordinatore del Centro per la Prevenzione e Cura al Tabagismo del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania e autore di importanti studi sull’efficacia dei prodotti innovativi come terapia sostitutiva nei casi di schizofrenia. Caponnetto ha presentato a Varsavia una relazione sulla dipendenza tabagica e sulla possibilità di ridurre il danno da fumo per i pazienti affetti da particolari patologie. “Quelli che non smetteranno mai e di sigarette tradizionali ne fumano compulsivamente 40-50 al giorno”. Ebbene con l’aiuto delle nuove sigarette con nicotina e senza combustione è riuscito nell’impresa di far smettere di fumare sigarette tradizionali al 40% dei suoi pazienti. Un grande successo se si pensa che nei centri antifumo si riesce a far smettere, in soggetti normali, solo il 5-10% di chi è motivato a smettere perché si rivolge al centro.

 

La situazione americana

Ma l’intervento più atteso del Forum era quello di Mitch Zeller, direttore del Center for Tobacco Products della FDA, l’ente regolatorio Usa. Ha annunciato una nuova pagina internet per dare tutte le ultime informazioni sulle malattie polmonari collegate all’uso delle sigarette elettroniche. Con un focus soprattutto sui giovani “svapatori” in aumento negli Usa. La pagina web si chiamerà “Lung illnesses associated wireless use of vaping products” e già si preannuncia che diventerà un riferimento per avere informazioni su quanto sta accadendo negli Usa dove sono stati registrati 530 casi di malattie ai polmoni e 9 decessi in 38 Stati. L’FDA insieme ai CDC, Centers for disease control and prevention di Atlanta, sta lavorando con le autorità locali e federali a una task force per investigare velocemente sui recenti casi di malattie respiratorie tra i giovani consumatori di sigarette elettroniche spesso usate con prodotti proveniente dal mercato illegale. Zeller ha sottolineato l’impegno dell’FDA “ad azioni appropriate man mano che il quadro diventerà più chiaro”. Nel suo intervento Zeller ha ricordato i dati preliminari di un recente sondaggio del National Youth Tobacco Survey: “Più del 27,5% dei ragazzi delle scuole superiori americane usa le sigarette elettroniche, soprattutto quelle con aromi alla frutta e mentolo o menta”. Dal 2010, l’FDA ha portato a termine 1,1 milioni di ispezioni nelle rivendite di tabacco e fatto oltre 23 mila multe. Anche sul web l’agenzia americana ha lavorato con eBay su Juul, una delle più popolari sigarette elettroniche tra i giovani negli Usa, per limitare le vendite online agli under 18. Zeller ha sottolineato il ruolo dell’FDA nell’incoraggiare lo sviluppo di nuove tecnologie più sicure rispetto alle sigarette tradizionali. “Si fuma per la nicotina – ha detto – ma si muore per il catrame”. L’esempio portato dal direttore è quello del lavoro fatto da Philip Morris per IQOS nel processo di autorizzazione del dispositivo, che riscalda il tabacco senza bruciarlo, la cui introduzione sul mercato Usa è stata definita dall’FDA “appropriata per la tutela della salute pubblica”.

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