Ogni anno in Italia ricorrono alla chirurgia oltre 4 milioni di pazienti, e più dell’80% soffre di dolore post operatorio.
Nel 2012 solo il 10% dei pazienti aveva ricevuto un trattamento del dolore dopo un intervento chirurgico secondo le linee guida fissate nel 2010. Nel 2018 situazione in apparenza migliorata, anche se ancora nettamente sotto gli standard: i pazienti trattati secondo le linee guida risultano raddoppiati, ma sono sempre solo il 20%.
Nonostante la riconosciuta professionalità degli anestesisti, i modelli di cura individuati dalle Società scientifiche, le prescrizioni della Legge 38, la disponibilità di trattamenti efficaci e l’esistenza di linee guida “evidence based”, la gestione del dolore post operatorio in Italia risulta ben al di sotto degli standard europei, e può essere definita subottimale.
Lo aveva già rilevato – suffragando l’allarme con una notevole mole di dati – un articolo scientifico realizzato da un’equipe guidata da Flaminia Coluzzi, università La Sapienza di Roma, e pubblicato sulla European Review for Medical and Pharmacological Sciences. L’articolo proponeva un raffronto fra i dati raccolti attraverso due survey – del 2006 e del 2012, su un campione rappresentativo di oltre il 40% degli ospedali pubblici italiani (ben 289 le strutture che hanno risposto alla survey del 2012) – realizzate a cura della SIAARTI (Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva).
Dal punto di vista dell’organizzazione, solo la metà degli ospedali analizzati – e con notevoli sperequazioni regionali – aveva attivato un Servizio del dolore acuto post operatorio (Acute Pain Service): un’unità delineata dalla SIAARTI e inserita nelle linee guida dal 2010, secondo un modello organizzativo nel quale l’anestesista deve assumere un ruolo di coordinamento di un team responsabile proprio della gestione del dolore post operatorio.
Dal punto di vista dei servizi, solo il 10% dei pazienti sottoposti a intervento chirurgico aveva ricevuto, secondo la survey del 2012, un trattamento del dolore post operatorio rispondente alle linee guida, che richiedono un trattamento personalizzato sul tipo di paziente e sul tipo di dolore. Si tratta di terapie multimodali e controllabili dal paziente sotto supervisione medica. Sei anni dopo meglio, ma sempre organizzativamente confusa per 8 pazienti su 10.
Ancor più colpisce il raffronto fra quanto emerso dalla survey del 2006 e i risultati dell’indagine del 2012: non solo non si rilevano miglioramenti sostanziali – nonostante le nuove linee guida SIAARTI e la Legge 38, entrambe intervenute nel 2010 – ma continua un calo notevole dell’offerta formativa dedicata al dolore post operatorio: nel 2006 il 57% degli specialisti che hanno risposto alla survey avevano partecipato ad almeno un evento ECM sul dolore post operatorio, mentre nel 2012 solo il 37% ha avuto modo di approfondire questi temi attraverso appuntamenti di Educazione Continua in Medicina. Successivamente si è rimasti attorno al 30-35%.
L’attenzione alla qualità di vita e alla dignità della persona passa anche per l’attenzione al dolore, e questo deve accadere in ogni fase della malattia e della cura, a tutte le età. Sembrerebbe scontato, ma non lo è. Ogni anno in Italia sono costretti a ricorrere alla chirurgia oltre 4 milioni di pazienti, e più dell’80% di loro riferisce di aver sofferto di dolore post operatorio. Un numero preoccupante soprattutto in considerazione di alcuni aspetti: anzitutto l’aumento dei tempi di degenza in presenza di dolore post operatorio d’intensità notevole; in secondo luogo la considerevole incidenza dei casi di evoluzione di questo tipo di sofferenza in dolore cronico – anche per interventi di modesta entità, basti pensare che in Italia il dolore post operatorio, proprio perché mal gestito, si cronicizza nell’80% degli interventi di ernia inguinale; e infine la capacità del dolore post operatorio di contrassegnare negativamente l’esperienza di cura, inducendo i pazienti a non seguire più (per paura del dolore) la strada chirurgica per successive esigenze terapeutiche, anche quando sarebbe la più appropriata ed efficace.